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lunedì 8 giugno 2020

analisi del dipinto il trionfo di Galatea di Raffaello

                                              “Trionfo di Galatea” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1512

Dimensioni: 2,95 x 2,25 m

Dove si trova: Villa Farnesina, Roma

L’opera è stata commissionata dal ricco banchiere Agostino Chigi, il quale fece realizzare da Baldassarre Peruzzi, tra il 1509 e 1512, una grandissima villa a Roma, specificatamente in un terreno tranquillo, collocabile tra via della Lungara ed il Tevere; tale villa, oggi è conosciuta come “Villa Farnesina”.



Innumerevoli artisti hanno contribuito alla decorazione dell’abitazione, e anche lo stesso Raffaello ha contribuito; a quest’ultimo è spettato il compito di realizzare nella sala di Galatea un affresco che rappresentasse appunto tale ninfa. L’opera, nel complesso non è mai giunta a conclusione, (infatti in origine il progetto prevedeva una decorazione di tutta la stanza, pareti comprese), ma vi è solo l’affresco che rappresenta il momento culminante (o meglio l’apoteosi) della storia della stessa Galatea, posta sotto alla lunetta di Sebastiano del Piombo ed accanto al “Polifemo” sempre di quest’ultimo.

Riassunta brevemente la locazione e la commissione dell’affresco, adesso passiamo all’analisi. La storia di Galatea alla quale Raffaello si ispira proviene direttamente dalla cultura antica latina, ma su quale fosse l’autore preciso dal quale il Sanzio ha tratto ispirazione è ancora fonte di discussione: tra i nomi papabili vi sono Teocrito, Poliziano, Apuleio ed Ovidio.

L’ambiente è di tipo marittimo, dove si trova al centro la ninfa che cavalca una sorta di carro a forma di pesce, il quale è trainato da due delfini ed accompagnato da un ragazzo in primo piano, ovvero Palemone.

Intorno a lei c’è una scena di grande caos, dove ci sono nereidi che vengono rapite dai tritoni (proprio come quella in primo piano sulla sinistra), in alto ci sono tre putti che stanno per scagliare delle frecce d’amore verso Galatea, mentre un altro piccolo putto si trova in alto a sinistra, proprio nel punto a cui guarda la protagonista; differentemente dagli altri putti, l’ultimo dietro alle nuvole, è nascosto ed è pronto con una faretra di frecce: secondo la critica, sotto il profilo filosofico, questo rappresenta la castità dell’amore platonico.


La scena è classica, tutte le proporzioni sono ben studiate e richiamano palesemente agli antichi lavori del mondo romano, in linea con la decorazione della villa. I colori utilizzati sono bellissimi: tra le tonalità più interessanti, spicca soprattutto il rosso della veste della protagonista, in netto distacco da tutti gli altri colori che compongono la scena marittima.

Guardando per un’ultima volta Galatea, è possibile notare che Raffaello l’ha ritratta nella stessa posizione della “Santa Caterina d’Alessandria” sempre di sua produzione. Il lavoro doveva essere stato completato già nel 1511, poiché molte fonti già annunciavano la grandiosa bellezza di questo affresco del Sanzio, e davanti alle molteplici domande riguardo l’identità della modella che aveva posato per Galatea, il pittore disse che non esisteva e che era frutto della sua immaginazione.

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