auto antiche e moderne

giovedì 16 dicembre 2010

Il calendario 2011 di Elioarte



Il nuovo anno 2011 è alle porte. Appendiamo al muro il nostro calendario. Apriremo la prima pagina il primo gennaio.

Arrivederci.

mercoledì 15 dicembre 2010

BUON NATALE 2010

Tempera


Con questa immagine desidero porgere a tutti i lettori del blog "elioarte" i migliori auguri di Buon Natale

venerdì 10 dicembre 2010

Ricordi della Storia a Seminara


L'opera d'arte, come più volte ribadito dalla storiografia, non è soltanto l'espressione di categorie meramente estetiche, ma alla stregua del documento cartaceo è utile alla storia comunemente detta perché permette di cogliere, oltre a una maggiormente estesa ricostruzione dei 'momenti' della storia conosciuta, aspetti e fenomeni che pur riguardando questa spesso sfuggono dalla lettura delle 'carte'd'archivio.
Infatti, il documento artistico, come infatti è meglio definire l'opera d'arte in questa sede, consente di ricostruire, in modo senz'altro più omogeneo e aderente, la storia della civiltà, volendo intendere in questa molto più specificatamente quell' insieme di svolgimenti culturali necessari alla comprensione della realtà dei fatti storici.
La presente stampa antica presenta la Chiesa dei Basiliani in Seminara ruinata mentre porzione della medesima si restaurava.
E’ una incisione su rame con coloritura d'epoca, cm. 28 x 40, firmata per il disegno da Ignazio Stile e per l'esecuzione da Antonio Zaballi.
È la tavola LV dell'Atlante, l'unica riferita a Seminara, uno dei centri maggiormente colpiti dal sisma, e dove inseguito furono raccolte olte "testimonianze" che passarono ingigantite e deformate da un testo all'altro della tanta letteratura d'epoca sulla Calabria, soprattutto quelli di Friedrich Leopold Stolberg e Johann Heinrich Bartels.
Così leggiamo :
« drizzammo i passi verso la già bella, e or distrutta Seminara. Non si può senza orrore contemplare la durezza, colla quale la natura annientò in pochi 'istanti le lunghe cure, e i ricercati lavori della mano degli uomini.
Dalle case più umili alle più magnifiche, da' luoghi i più profani a' più sacri, e, per dirla in breve, ovunque si gira lo sguardo, non incontransi in questo desolato soggiorno, che o ruine compiute, o fabbriche rovinevoli, ridotte in miserando rottame, e disperse dal tremoto del dì 5 di febbraio».
Di questo immane disastro, la tavola dello Stile ci propone le rovine dell'imponente complesso dei monaci Basiliani, uno dei tantissimi edifici sacri presenti a Seminara,

giovedì 9 dicembre 2010

Mondo sommerso


DIRITTI D'AUTORE ©

Ricordi!!!!!!Un bel viaggio in Australia.

Dopo una nuotata lungo la barriera corallina, si percepisce fortemente la sensazione della bellezza e della varietà delle forme viventi.
Una visita a luoghi simili offre uno stretto contatto con la vita proprio in quel grembo acquatico dal quale ha probabilmente avuto origine. Questo splendido regno pieno di gioielli animati, dove ci si trova a fluttuare leggeri in un mondo tridimensionale, ha ispirato molte persone a tradurre le loro esperienze in meravigliosi lavori artistici che spaziano dalla fotografia alla pittura.

martedì 7 dicembre 2010

I tesori della Regina Bona


Nell’immagine, la Regina di Polonia Bona Sforza




Sigismondo I nel 1512 sposò Barbara Zápolya (1495-1515), figlia del Conte Stephan Zápolya signore di Spiš, da cui ebbe Edvige (1513-1573).
Nel 1518 sposò la Duchessa di Bari Bona Sforza d'Aragona (1494-1557), figlia del duca Gian Galeazzo Sforza di Milano, da cui ebbe Isabella (1519-1559), Sigismondo II Augusto, Sofia (1522-1575), Anna (1523-1596) e Caterina (1526-1583).
Sigismondo morì il 1 aprile 1548. Suo figlio Sigismondo II Augusto divenne Re di Polonia e Granduca di Lituania

----------------------------------------------------------------------------------
I tesori della regina Bona a cura di Jacek Rzepecki traduzione dal polacco in italiano di Jacek Rzepecki
----------------------------------------------------------------------------------Qualche audace che è penetrato di notte nel bastione di Checiny, ha sentito lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli , e ha visto il cavaliere nell'armatura nera e la dama avvolta in bellissimi vestiti.
La gente locale non ha dubbi: la regina Bona ritorna per suoi gioielli, i quali sono stati lasciati qui, da oltre 500 anni.
Il fantasma della sovrana ha sempre scacciato i ricercatori dei tesori o i visitatori che prendono sul ridere i racconti degli spiriti; non c'è da ridere avvisa Arkadiusz Gorajski, il cicerone delle rovine della fortezza di Checiny.
Un insegnante racconta che quando è stato per qui una notte, per la paura, gli si sono drizzati i capelli ed è fuggito, con tutta la forza delle sue gambe.
Un conoscente di questi, che aveva avuto un diverbio con una ragazza a proposito di fantasmi, era venuto al castello per rendersene conto, presto è ricomparso così atterrito che non ha potuto proferire parola.

Le fonti ci assicurano che la regina Bona custodisce qui i suoi gioielli.

Quando essa li portava in Italia,uno dei carri sul ponte nei pressi della vicina Nida, si ruppe. Tutto il carico, che il carro conteneva, ( tra l'altro 430 mila ducati d'oro) crollò nel fiume.
Checiny è una piccola località presso Kielce vicino alla strada maestra per Cracovia.Il monumento più importante della città è il castello reale costruito sulla collina .
Da lontano si vedono tre torri immense che sono i resti di una delle enormi fortezze dei Signori di Polonia.
Non si sa, da chi e da quando sono state alzate, ma già nell'anno 1306 l'edificio esisteva già, perché in quel tempo, Vladislao Lokietek lo aveva donato a Muskata, allora vescovo cracoviano.
(Vladislao I Lokietek , detto il Breve fu duca fino al 1300, poi principe di Cracovia dal 1305 fino alla sua incoronazione avvenuta il 20 gennaio 1320 )
Due anni dopo la donazione,Vladislao però ritirò l'atto di conferimento e il bastione divenne una proprietà reale.
Il sovrano , riuniva qui i congressi dei principi e della nobiltà negli anni 1310,1318 e 1336.
Gli storici gli attribuiscono la fondazione del primo parlamento polacco.
Per ordine di Lokietek, a Checiny, venne trasferito il tesoro principale della cattedrale di Gniezno ,perché ritenuto luogo più sicuro.
Lokietek nell'anno 1331,partì per la famosa battaglia contro i Cavalieri teutonici.
Nel castello abitò anche Elisabetta Lokietkowna, sorella di Casimiro il Grande e madre del re Ludovico Ungherese, la quale governò in nome del figlio.
Allorchè nell' anno 1425 esplose a Cracovia l'epidemia, il re Vladislao II Jagiello portò a riparo a Checiny la sua quarta moglie, Sonka e il figliuolo.
Poi lo stesso Vladislao Warnenczyk si rifugiò qui nella speranza che l'aria pestifera non lo raggiungesse.
La fortezza, posta sul colle impraticabile, divenne famosa anche per altri avvenimenti. Si incomincia con il re Casimiro Grande,che vi mise in prigione la sua seconda moglie , Adelaide.
A quanto pare, questa, era di non troppo bell’aspetto, dunque decise di liberarsene.
Durante i tempi di Jagiello parte del castello fu adibito a prigione statale, come racconta Arkadiusz Gorajski.
Il re per tre anni qui imprigionò Andrea Wigold Olgierdowicz, suo fratellastro, con l'accusa di cospirazione a favore di Mosca.
Nella fossa di Checiny fu gettato Hincza di Rogow, l’avvenente cortigiano reale, per il quale Sonka aveva dimostrato troppo vivo interesse, suscitando l’invidia dell’allora settantenne Jagiello.
Nel 1409 anno si insediò Warcislaw di Godartowice che aveva vinto i cavalieri crociati al castello di Bobrowniki. (Vicino a Tornov)
Quando sui campi di Grunwald si ruppe la potenza dell ‘Ordine teutonico, qui furono messi in prigione molti cavalieri.
Il più insigne fu il comandante Michel Kuchmejster von Sternberg, che fu battuto e arrestato presso Koronow.
Nell’anno 1554,sei anni dopo la morte del marito Sigismondo , nel viaggio verso la natale Italia.al castello arrivò Bona, la quale decise di fermarsi con il suo corteo (e con i tesori).
Il re Sigismondo August permise alla madre la partenza soltanto nell’anno seguente La Regina caricò le ricchezze sui 24 carri e si mise in cammino.
Quando il corteo fu sul ponte prima citato, la costruzione crollò sotto il peso di uno dei carichi, questo cadde nel Nida e non fu mai più estratto completamente.
La Regina afflitta esclamò: HA...!, questi ponti polacchi.
Essa partì annunciando che sarebbe ritornata nella patria di adozione, solo dopo che, con il tesoro rimasto, avrebbe riordinato e risanato i suoi affari in Bari.


Nell’anno 1607 i seguaci di Zebrzydowski , che fecero una rivolta della nobiltà contro il re, demolirono l'arsenale, distrussero le fortificazioni e misero a fuoco gli edifici.
Le successive devastazioni risalgono ai tempi dello " diluvio svedese ".
I cannoni del castello rombarono ancora nel 1787 quando da Checiny passò Stanislao Augusto Poniatowski, l'ultimo re di Polonia, ma questa volta fu a salve,una salve d'onore, in onore del Re.
Dopo la terza spartizione la fortezza cominciò decadere.
La parte dei muri furono disfatti dagli austriaci,e i resti depredati dai ricercatori di tesori e dai ladri.
Del bastione sottolinea Arkadiusz Gorajski si ricorda che qui nell’anno 1968 , il regista Jerzy Hoffman, ha girato alcune parti delle scene del film " Il Signore Wolodyjowskiâ ". -
La fortezza in questo film fungeva da castello a Kamieniec Podolski.
Da allora ad oggi abitano qui soltanto fantasmi come si può leggere nel libro: “Gli spiriti dei castelli polacchi”.

Checiny occupa un posto onorevole ma purtroppo il bastione è una rovina durevole, salvato nella misura dei mezzi posseduti.
Alcuni anni fa i lavori di restauro sono stati sempre preceduti da ricerche degli archeologi che hanno trovano vecchie monete e oggetti di valore.
Ecco perchè li sopravvivono spiriti ,per intimorire chi indebitamente ricerca tesori.
I ciceroni e gli abitanti non senza ragione avvisano di non entrare tra le rovine, particolarmente di sera.
Fatti straordinari sono successi “ ricorda molta gente e Arkadiusz Gorajski. Da tutti i rapporti risulta che prima si alza un vento forte, poi cade il buio, echeggia lo scalpitio dei cavalli e appare lo spettrale corteo equestre.

Non è dato sapere , invece, per chiunque si incontra,che l'apparizione avvenga nel luogo, dove i tesori sono caduti nel Nida.
Sorge là una località, la quale per ricordo delle avventure delle Regina Bona si chiamò Mosty.
Molte persone affermano, che con la luce del sole, nel fiume brillano i ducati d'oro, ma ancora nessuno è riuscito ad estrarne uno.
A Checiny fa paura non soltanto lo spettro della Regina Bona. Le voci danno a quanto pare,la presenza di uno di potenti cavalieri teutonici che qui furono imprigionati. Il cavaliere dopo aver corrotto la guardia,una certa notte si sforzò di scappare calandosi con una fune dalla torre.

Accanto aspettava lo scudiero con il fedele destriero. Il destriero nitrì alla vista del signore. Il nitrito fu sentito dalle guardie, le quali dopo una accanita battaglia presero il fuggiasco, ma questo morì in seguito alle ferite riportate.
Da allora in avanti il cavaliere teutonico durante le notti gira tra le cime del colle di Checiny che non può più abbandonare.
Può darsi che cerca i segreti passaggi sotterranei, i quali a quanto pare conducevano fino a Karczowka da Kielce e che davano una possibilità di fuga nella evenienza di un'assedio.
Altra leggenda racconta che il cavaliere sul castello è lo spirito di quel cavaliere che aspirò alla mano della bella Amelia.
Questa avrebbe avuto alcuni galanti cavalieri che le avevano fatto la corte, però alla fine decise di sposare quello che avrebbe vinto il torneo.
Sulla piazza alla fine della lotta rimasero solo due pretendenti. Il vincitore però non godette abbastanza con la benamata.
Dopo la battaglia fu assassinato insidiosamente dal rivale vinto, il cui nome era Bolko e che a oggi fa penitenza per espiare il suo crimine,cavalcando su e giù per il colle del castello.
Jacek

sabato 4 dicembre 2010

TIZIANO A MILANO



DONNA ALLO SPECCHIO
La Donna allo Specchio del Museo del Louvre,
dipinta da Tiziano Vecellio ancora in età giovanile, è un’opera qualitativamente e simbolicamente ai vertici della sua produzione per l’eleganza cromatica e compositiva e per lo spunto introspettivo offerto dalla visione della femminilità a tutto tondo favorita dal gioco degli specchi.
La giovane, ritratta al suo tavolo da toeletta, si scioglie una ciocca dei suoi biondi capelli e si osserva con attenzione. Sul fondo della scena, una figura maschile in ombra le porge uno specchio piano, mentre con l’altra ne inclina alle sue spalle uno più grande convesso, compiendo un gesto che ricorda quello di un acconciatore che mostra alla sua cliente il suo operato, così come tutt’ora avviene. L’intimità di questa scena di vita privata offre un’immagine di donna al di fuori del tempo, emblema di una bellezza consapevole, profondamente enigmatica e quasi misteriosa anche per l’impossibilità di darle un nome e fornisce la significativa opportunità di affrontare nel profondo il tema del “femminile”.
La chiara semplicità del dipinto rispecchia l’epoca in cui fu eseguito e stimola infiniti ragionamenti sulla Venezia a cavallo tra il Quattro cd il Cinquecento, crocevia d’Europa, luogo di incontro tra culture di tutto il mondo, nel quale le donne rappresentavano il fulcro degli equilibri sociali, ma rappresentavano anche motivo di orgoglio per il loro decantato splendore. Tiziano fu un vero genio della pittura: ebbe una delle più lunghe e fortunate carriere che la storia ricordi, pur mantenendo solida la sua attività di imprenditore che aveva ereditato dal padre.

Fu un uomo colto, amato e rispettato ed ebbe un importante legame con Milano, teatro del suo incontro con Filippo Il, figlio di Carlo V, che fu forse il più appassionato dei suoi cornmittenti, monopolizzando quasi integralmente la produzione dei suoi ultimi vent’anni di lavoro.
L’esposizione, nuovamente ospitata in Sala Alessi, secondo una modalità ormai collaudata, intende valorizzare il dipinto in senso monografico, fornendo ai visitatori della mostra uno spettro variegato di punti di vista, allo scopo di arricchirne la conoscenza del tessuto culturale e dell’ambiente artistico che ne è all’origine, oltre al fascino creativo del suo autore. Infatti, grazie alla qualità dell’approfondimento critico di un singolo capolavoro e ad uno scambio attivo e continuato di tecnici specializzati con il pubblico, si mettono in risalto la preziosità e l’importanza del dipinto, secondo un’analisi dettagliata e puntuale, centrata non sul confronto con altre opere, ma sulla chiarificazione di ogni aspetto dell’opera stessa che diventa il fulcro irradiante della mostra.

Valeria Merlini e Daniela Storti
curatrici della mostra

venerdì 3 dicembre 2010

San Pedro de Atacama e Torres del Paine


Deserto di Atacama


Deserto di Atacama



Torres del Paine


DIRITTI D'AUTORE ©
San Pedro de Atacama, insieme a Torres del Paine, é uno dei punti d'arrivo obbligati in Cile. Geograficamente si trova nella "Segunda Región". Le città piú vicine dalle quali si puó arrivare sono: Antofagasta (5 ore approssimativamente in macchina o autobus) e Calama (via aerea). San Pedro de Atacama é visitato annualmente da migliaia di turisti provenienti da diverse parti del mondo, specialmente EEUU, Europa, Asia
San Pedro de Atacama meraviglia dal primo momento d'arrivo. I colori del deserto a differenti ore e il cielo trasparente e intenso, formano una atmosfera poche volte ripetibile in altri luoghi del mondo Energetico, circondato da numerosi vulcani. Il motivo della sua bellezza come zona turistica, si deve ai paesaggi vicini, e alle zone vulcaniche
Così, luoghi come i Geyser del Tatío, con i suoi getti d'acqua calda all'alba o” las Termas de Puritama”, con le sue acque tiepide e chiare , sono punti da visitare.
La valle della Luna, la cordigliera “ de la sal “ , la valle della morte , sono altre bellezze naturali nel deserto di Atacama.

domenica 28 novembre 2010

La fotografia che fa bene



Da Vivi Milano 24.11.2010

La fotografia che fa bene -
A Mario De Stefanis, stampatore raffinato recentemente scomparso, la galleria Bel Vedere
dedica una mostra riunendo per l’occasione molte firme affermate della fotografia, amici e
professionisti che ebbero la fortuna di frequentare il suo laboratorio per lo sviluppo e la stampa analogica.
Marco Anelli, Gianni Berengo Gardin, Luca Campigotto, Carla Cerati, Francesco Cito, Mario Cresci e altri celebri autori hanno donato 50 opere fotografiche aderendo all’iniziativa espositiva curata da Gloria Norfo, Toni D’Ambrosio e Massimo Mangione. Tra le .fotografie in mostra, si riconoscono «Beirut» di Gabriele Basilico, una lucida riflessione sulla città dei
conflitti, «Milano, 31 maggio 1974, in piazzale Dateo» della giornalista Liliana Barchiesi, attenta indagatrice delle tematiche sociali e il ritratto di Anna Magnani di Federico Patellani. Mentre la relazione tra l’uomo e l’opera architettonica si esprime con il progetto di decostruzione della Defense (Parigi) firmato da Enrico Savi. Le immagini partecipano a un’ iniziativa benefica a favore della Fondazione Areté Onlus del San Raffaele. Il ricavato della vendita sarà devoluto all’Unità Operativa di Ematologia e Trapianto Midollo Osseo.

Giovanni Pelloso
GALLERIA BEL VEDERE. VIA
SANTA MARIA VALLE 5 02.45.47.24.68. ORARIO:
DA MAR. A DOM. ORE 15-19. DAL 25 NOVEMBRE
(ORE 18) AL 23 DICEMBRE.

venerdì 26 novembre 2010

BREAKING NEWS




FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA DA MEDIORIENTE E AFRICA

ANDREA LANDI
Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, invita all'inagurazione della mostra

B R E A K I N G N E W S

a cura di Filippo Maggia curatore capo Fondazione Fotografia

SABATO 27 NOVEMBRE 2010 ,ore 18
MODENA, ex Ospedale Sant'Agostino

Oggetto d’indagine sarà la scena artistica contemporanea di Medio Oriente e Africa, esplorata attraverso le opere fotografiche e video di 21 artisti, provenienti da 12 diversi Paesi.
L’elenco degli artisti selezionati include: Philip Kwame Apagya (Ghana), Yto Barrada (Francia/Marocco), Yael Bartana (Israele), Taysir Batniji (Palestina), Jodi Bieber (Sudafrica), Mounir Fatmi (Marocco), Samuel Fosso (Camerun), David Goldblatt (Sudafrica), Bob Gosani (Sudafrica), Pieter Hugo (Sudafrica), Goddy Leye (Camerun), Daniel Naudé (Sudafrica), Cedric Nunn (Sudafrica), George Osodi (Nigeria), Hrair Sarkissian (Siria/Armenia), Wael Shawki (Egitto), Ahlam Shibli (Palestina), Mikhael Subotzky (Sudafrica), Jinoos Taghizadeh (Iran), Guy Tillim (Sudafrica), Akram Zaatari (Libano ).

martedì 23 novembre 2010

I colori del tempo :un ricodo del Sulcis





Ricordo di una vacanza in Sardegna, nel Sulcis. Immagini quasi avvolte nella nebbia, in un susseguirsi di colori tenui e dolci come la musica del sottofondo.
Indietro nel tempo :il mare, i pescatori,le nasse, le reti ,le scogliere del Sulcis,di tutto rimane un caro ricordo, come in un sogno.

lunedì 22 novembre 2010

I colori della natura





DIRITTI D'AUTORE ©
Fotografare un paesaggio è per me, un invito a contemplare la natura.
Una scena mi affascina in un dato momento ed io mi sento chiamato a contemplarla e a fermarla nel tempo.
Fotografare non è necessariamente il piacere di vedere con qualcun'altro un paesaggio grandioso,ne un invito a sognare ad occhi aperti ,ma può anche diventarlo.
Io fotografo perché voglio immortalare momenti di gioia, di spensieratezza, di ricerca di tutto ciò che può arricchire la mia anima e la mia mente.
Quindi un modo, anche, di impossessarmi dei quadri del più grande pittore del mondo : “la natura”.
La natura dipinge in modo discontinuo, con stili e metodi diversi:talvolta classici ,talvolta astratti.
Io ne fermo solo le immagini, mi limito a schiacciare un tasto al momento giusto.
E’ come quando al cacciatore appare in lontananza la preda,lui si ferma , imbraccia il fucile e preme il grilletto, il suo carniere si riempie.
Lo stesso accade a me nella fotografia, ad ogni clic la mia mente si riempie di belle immagini,che appagano il mio spirito,

I paesaggi dell'anima







DIRITTI D'AUTORE ©
I paesaggi dell’anima si affacciano nel sogno o nella coscienza come se provenissero da punti diversi del tempo e dello spazio.
Perciò si da che i paesaggi dell’anima somigliano alle voci di molti cori impegnati a confrontarsi e a rispondersi in un complesso contrappunto.
I paesaggi del reale , invece, potrebbero dirsi paragonabili al suono di un flauto
in lontananza, o ad un tempo di rondò intonato da una intera orchestra sinfonica.
Gli uni e gli altri in ogni modo, paesaggi dell’anima e paesaggi del reale, preferiscono giacere nel preconscio di ogni individuo per amalgamarsi fra le pieghe della mente in modo trasfigurato, o per fissarsi in maniera ben distinta fra le memorie del cuore .

domenica 31 ottobre 2010

LA POLITICA OGGI


Non ho mai voluto che nel mio Blog entrasse la politica, in oltre tre anni di attività si possono leggere solo due articoli che in certo modo trattano argomenti politici e sono "La difesa di Socrate " e la "Sapienza.Un'alra vergogna dell'Italia politica".
Mi chiederete : perchè così poco interesse alla "res pubblica".

Rispondo perchè nel rispetto delle idee di tutti ho sempre evitato l'aprirsi di qualsiasi diatriba che certamente sarebbe seguita alle diverse opinioni mie e dei miei lettori.
Oggi però ,visti i tanti e tanti ipocriti moralisti che hanno dimenticato come al Parlamento Italiano sedette per una intera legislatura la pornoattrice più nota d'italia , che non ricordano i casi del politico di sinistra frequentatore dei trans, loro che per anni sono stati gli antisignani della odiena società che giustifica l'orgoglio gay, oggi, gli stessi,ecco si scandalizzano della frequentazione e dell'interessamento che il Presidente del Consiglio ha verso il "gentil sesso",Ricordo quanto succedeva molti secoli fa nella grandissima ROMA :
"Cesare, proprio nel momento nel quale s univa alla giovane e nuova moglie, inviò alla sua amante una perla in dono, talmente preziosa da mettere in moto tutte le cattive lingue di Roma.
La notizia di quel regalo si sparse in un lampo per tutta la città trovando persino strada nelle storie di Svetonio. Come non pensare che con questo gesto clamoroso Cesare volesse non soltanto esprimere a Servilia la sua gratitudine per la dolorosa rinuncia, ma soprattutto esternarle di fronte a tutti il suo amore?
Del resto, il dittatore coprì sempre Servilia di regali e, tra tutti, le perle e gioielli erano i meno importanti.
Vi furono infatti ricche proprietà terriere, che essa ricevette all'epoca della guerra civile partecipando ad aste preventivamente truccate a suo favore. Fu con questo sistema infatti che essa acquistò la bellissima villa napoletana di Ponzio, una di quelle ricche ville marittime che costellavano la rive del Tirreno e che sul golfo partenopeo erano particolarmente panoramiche.
Le vediamo riprodotte nei riquadri affrescati sulle pareti di Pompei e dintorni. Anche non conoscendo quale e come fosse la villa di Ponzio, possiamo facilmente immaginarcela come le altre, con i bei moli protesi nel mare e le lunghe gettate sulle quali era piacevole passeggiare godendosi la brezza tirrenica, mentre gli alberi del giardino interno al peristilio svettavano dietro alla bassa facciata del
fabbricato ed i lunghi portici si aprivano verso il tramonto. Doveva proprio essere gratificante ottenerne una per una manciata di spiccioli!
Ovviamente, tutti questi doni con i quali Cesare copriva Servilia attiravano su loro le frecce dei maligni; e pare che il solito Cicerone non perdesse l'occasione di commentarli."

Non meravigliamoci quindi, è sempre accaduto e sempre accadrà "Famiglia Cristiana" permettendo.

sabato 30 ottobre 2010

Messico : Maschere antropomorfe nel Museo Nacional de Antropologia Mexico

 
Posted by Picasa

 
Posted by Picasa


Maschere di mosaico di pietra verde e conchiglie. Una di queste rappresenta il dio pipistrello tipica dei Zapotechi.Gli Zapotechi erano una civiltà precolombiana che fiorì nella Valle di Oaxaca, nella parte meridionale della Mesoamerica.Gli Zapotechi vennero conquistati dagli Aztechi, che però non riuscirono a sottometterli completamente.
Museo Nacional de Antropologia Mexico.Il museo consta di 44.000 metri quadri coperti, distribuiti in più di 20 sale, e 35.700 metri quadri di aree esterne, incluso il cortile centrale, la piazza d'accesso e alcune parti unite intorno al museo. In tutti questi spazi si trova la maggiore collezione del mondo di arte precolombiana delle culture Maya, Atzeca, Olmeca, Tolteca, Zapotteca e Mixteca, tra gli altri popoli che occupavano il vastissimo territorio del Messico.Foto E.Buggè
segue nel mese di novembre : Le Maschere pre Colombiane

lunedì 25 ottobre 2010

Abbazia di Morimondo






foto di Malaguti Silvano testo di P. Mauro Loi

La chiesa
Pur essendo la quarta fondazione italiana e la prima in Lombardia (1134), la chiesa abbaziale si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo. L'aver iniziato la
costruzione della chiesa fino al 1182, ha fatto sì che fruisse delle esperienze precedenti .Infatti Morimondo è un esempio di architettura cistercense già evoluta verso lo stile gotico,
come è sottolineato dall'uso delle volte a crociera. Nella navata centrale, esse non sono a base quadrata, ma rettangolare, e ad ognuna di esse corrisponde una campata quadrata nelle
navate laterali aumentando perciò il senso di verticalità. Inoltre la grandezza di Morimondo è dovuta alla presenza di ben otto campate, diversamente dalle chiese abbaziali precedenti normalmente
più piccole. Ma la maestosità della chiesa di Morimondo è data dalla totale essenzialità, e dal senso di ordine dei mattoni a vista. Il Rinascimento ed il Barocco non hanno alterato lo stile e l'ordine del XII secolo.
Il chiostro
Nel chiostro nonostante gli inserimenti successivi (la costruzione dei tre porticati nel 1500-1505 e la sopraelevazione dei lati nord ed ovest verso la metà del XVIII secolo), è ancora leggibile la tipologia del complesso
monastico con l'usuale distribuzione degli ambienti.

Tra questi vanno ricordati: la sala capitolare che mantiene integralmente le sue caratteristiche originarie, e il refettorio con la cucina che si presentano in una splendida veste secentesca.
Il monastero
Un'altra peculiarità dell'abbazia è quella di essere edificata su più piani a ridosso di un avvallamento.Il piano del chiostro in tutta la parte monastica è il terzo 'sopra due livelli costituiti da ampie sale costruite con volte
sostenute da un susseguirsi di colonne, inoltre sopra la sala capitolare è ancora esistente il dormitorio dei monaci (originariamente un'unica sala). Questa elevazione di piani è integralmente esistente verso est e sud,
ma riguardava anche il lato dei conversi.
Visto da est e da sud il monastero quindi si presenta come un'imponente costruzione di quattro piani. Nonostante i saccheggi, i terremoti, nonché le modifiche seicentesche e la soppressione (1798), il monumento
è sopravvissuto e con esso sono vivi i valori per i quali fu costruito.
L'ABBAZIA E LA SUA INTENSA STORIA
II fervore dell'inizio
L'abbazia di S. Maria di Morimondo, presso Milano, ai "confini col territorio di Pavia,inizia la sua storia il 4 ottobre 1134 con l'arrivo di un gruppo di monaci fondatori provenienti dalla casa-madre ' di Morimond, in Francia. Accolti
inizialmente a Coronate, a circa un miglio dalla sede definitiva, i monaci scelsero poi il luogo per la costruzione del loro monastero, e l ' 1 l novembre 1136, quando si trasferirono a Morimondo, il cenobio doveva essere già parzialmente
costruito e abitabile. Nei primi anni la comunità ebbe una progressiva espansione nel numero delle vocazioni, tanto che in breve furono fondate due abbazie: ad Acqua fredda presso Como nel 1153 e a Casalvolone presso Novara nel 1169. Un segno notevole dell'intensa spiritualità è testimoniato dalla fiorentissima attività dello Scriptorium, finalizzata alla costituzione della biblioteca monastica,e alla dotazione iniziale di testi fondamentali delle due nuove filiazioni.
Anche dal punto di vista dell'attività agraria si ebbe una notevole espansione con un gran numero di grange insediate su un territorio di 36.000 pertiche milanesi . (Circa 24 Km ).

lunedì 18 ottobre 2010

SLAVA’S SNOWSHOW

Ultima rappresentazione di SLAVA’S SNOWSHOW al Piccolo Teatro Strehler di Milano Una nevicata in sala, una enorme ragnatela gettata sulle poltrone, a catturare i sogni degli spettatori, un lettino che si trasforma in una barca lanciata nell’Oceano,tra pesci feroci e insolite avventure, quali solo la mente di un bambino può suggerire... E tanti clown, gialli e rossi, dalle scarpe lunghe, capaci di infinita tenerezza. Elegante, suggestivo, sorprendente e magico, SLAVA’S SNOWSHOW è uno spettacolo unico. “E un teatro rituale, magico e festoso costruito sulla base delle immagini e dei movimenti, sui giochi e sulla fantasia… spiega SLAVA, l’autore – E’ un teatro che nasce inesorabilmente dai sogni e dalle fiabe; è un teatro ricco di speranze e sogni, di desideri e di nostalgie, di mancanze e disillusioni. Per me la neve è una cosa reale, è il legame con la mia infanzia. E un’immagine bellissìma, come un abito da sposa, come un foglio bianco quando un pittore comincia a disegnare... nello stesso tempo mi riempie di paura e di freddo. Come spesso succede alle cose che affascinano i bambini”. Da vedere, rivedere, e ancora vedere, rivedere.., per tornare bambini... almeno una volta al giorno! SLAVA nasce in una piccola città russa, persa tra foreste, campi, fiumi e inverni pieni di neve... A 17 anni si trasferisce a San Pietroburgo (all’epoca Leningrado), dove studia da mimo. Nel 1979 fonda la sua compagnia, con la quale approda in Inghilterra e di qui al Cirque du Soleil. Nel 1997 SLAVA’S SNOWSHOW vince l’Olivier Award come migliore spettacolo dell’anno. Ha fondato e dirige l’Academy of Fools che riunisce i principali clown e attori comici del mondo (anche Ferruccio Soleri, l’Arlecchino del Piccolo, vi ha preso parte). L’ispirazione creativa di SLAVA ha uno scopo ben preciso: portare il clown teatrale nel XXI secolo, continuando a incantare i pubblici di tutto il mondo. Rinvigorente, divertente, piacevole. Riporta all’Eden perduto della nostra infanzia. Financial times Questa è vera magia... Davvero una serata di puro divertimento e incanto. The Express foto Silvano Malagutti

sabato 9 ottobre 2010

Battesimo di Beatrice Video



La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove
Beatrice a Dante ( Paradiso Canto 1 )

giovedì 30 settembre 2010

Mostra "LA VOCE DELLE IMMAGINI" dal 30 settembre al 22 ottobre, Foyer dell'Auditorium Parco della Musica, Roma


La sera del primo ottobre 1950 iniziarono le trasmissioni del Terzo Programma radiofonico.
Il primo ottobre 2010 Radio3 compie dunque 60 anni. In virtù della collaborazione da tempo avviata, Radio3 RAI e Fondazione Fotografia (progetto promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena) con Fondazione Musica per Roma hanno deciso di celebrare questa importante ricorrenza con "La voce delle immagini", una mostra dove suoni e immagini si incontrano negli spazi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma.
Sette gli autori coinvolti, tra i maggiori protagonisti della fotografia italiana contemporanea: Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Vittore Fossati, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Walter Niedermayr e Francesco Radino.
A ognuno di loro stato chiesto di prestarsi a questo "esperimento" presentando una selezione di immagini e un brano audio appositamente individuato, capaci insieme di ricreare una particolare condizione di ascolto: immagini ispirate da musiche, suoni o da specifiche parole, oppure composizioni sonore che sembrano ricalcare le forme stesse delle fotografie, collocabili sulla medesima lunghezza donda come due voci in controcanto. Ve li presentiamo :

Gabriele Basilico (Milano 1944) inizia la sua ricerca a fine anni '70, facendo dellarchitettura urbana e industriale l'oggetto primario del suo lavoro.
A partire da met anni 80 - periodo della sua partecipazione al prestigioso progetto di committenza pubblica della Mission Photographique de la DATAR -inizia a dare forma a quello che diventer uno dei concetti fondamentali del suo fotografare: quello della "lentezza dello sguardo", atteggiamento contemplativo dilatato col quale l'artista osserva, percepisce e ordina il paesaggio contem-poraneo.
In mostra Gabriele Basilico presenta i 12 dittici della serie Contact, realizzata nel 1978 utilizzando una pellicola Polaroid bianconero PN55 a sviluppo istantaneo. Il brano d'ascolto indicato dall'autore un assolo di percussioni del batterista soul Max Roach.

Vincenzo Castella (Napoli 1952) avvia la sua carriera fotografica a metà anni settanta, rivolgendo l'attenzione alle trasformazioni del paesaggio contemporaneo e ai cambiamenti dell'immaginario collettivo ad esso collegato. Le ampie vedute che dagli anni novanta caratterizzano il suo lavoro prendono in esame i diversi concetti di "distanza" e "dislocazione": privo di intenti narrativi, il suo sguardo sulla realtà è oggettivo, neutrale, ma mai distaccato; capace di cogliere tutti i fenomeni in essa contenuti, rimanda a una pluralità di voci, sguardi e immagini differenti, conducendo a una lettura
progressiva dell'ambiente urbano.
Tra le recenti esposizioni, ricordiamo le personali presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Guarene d'Alba, l'Amsterdam Centre for Photography (2003), il Teatro Armani di Milano (2004), il Palazzo Reale di Napoli (2005), Art Unlimited - Art Basel, la Biennale d'Arte di Tirana (2009), Paul Andriesse Galerie di Amsterdam, la Galleria Fucares di Madrid (2009), Studio La Citt di Verona (2010).

Vittore Fossati (Alessandria 1954) si avvicina alla fotografia alla fine degli anni settanta, strutturando la sua ricerca sul significato stesso del guardare e sui diversi meccanismi visivi che determinano il nostro approccio con la realtà e modulano al contempo la lettura che ne riportiamo. Spesso rivolte al paesaggio - allestito oppure "trovato" - le sue immagini svelano collegamenti e rimandi inattesi, in un dialogo tra elementi che, accostati e riordinati attraverso la fotografia, danno luogo a nuovi percorsi possibili.
Tra le esposizioni che hanno presentato il suo lavoro, ricordiamo le personali presso la Maison Valdtaine de la Photographie di Aosta (1998), il Museo La Specola di Firenze (2000), il Museo Esenin di Tashkent (2002), la Galleria d'Arte Moderna di Bologna (2003), il CeSAC di Caraglio (2004), i Chiostri diSan Domenico di Reggio Emilia (2007), il Castello Sforzesco di Milano (2008).

Luigi Ghirri (Scandiano 1943 - Roncocesi di Reggio Emilia 1992) inizia la sua carriera fotografica nei primi anni settanta. Aperta e molteplice, la sua opera concepita come un mezzo di relazione dialettica, affettiva e conoscitiva, con la realtà: a interessarlo sono gli oggetti, i luoghi, i paesaggi, le persone,cosi come l'interazione che essi creano con quanto li circonda. Quella di Ghirri è una fotografia che documenta e che riflette al contempo sulla documentazione, che narra svelando i meccanismi della narrazione, sempre al confine tra realtà e immaginazione, tra attualità e memoria.
Tra le maggiori mostre dedicate al suo lavoro, ricordiamo quelle organizzate al Museo Nicphore Nipce di Salon-sur-Sane (1990), alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna (1993), ai Rencontres Internationales de la Photographie di Arles (1996), al Palazzo Magnani di Reggio Emilia (2001), alla Moscow House of Photography (2004), al Museo Scavi Scaligeri di Verona (2006), all'Aperture Gallery di New York (2008).

Mimmo Jodice (Napoli 1934) lavora attivamente nella fotografia dai primi anni sessanta. Dopo le ricerche iniziali segnate da forte sperimentazione e da un interesse di tipo antropologico e sociale, dagli anni ottanta rivolge il suo lavoro all'osservazione del paesaggio contemporaneo, avviando una lunga indagine - tuttora in corso - sul Mediterraneo, luogo immaginifico e culla di culture millenarie. In un'intensa coniugazione di realismo e visionarietà, le sue fotografie indagano la persistenza del mito, restituendo frammenti carichi di memoria che si perdono lungo le linee del tempo.
Tra le recenti personali, ricordiamo le mostre organizzate presso la Maison europenne de la photographie di Parigi (1999), la Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino (2000), il Wakayama Museum of Modern Art in Giappone, la Moscow House of Photography, il Museo de Arte de Sao Paulo (2004), lo spazio Forma - Centro Internazionale di Fotografia di Milano (2007), il Museo Capodimonte di Napoli (2008), il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Certosa di Capri (2010).

Walter Niedermayr (Bolzano 1952) si dedica alla fotografia dagli inizi degli anni ottanta. I suoi lavori, di carattere seriale, registrano il movimento degli
uomini negli spazi adibiti all'organizzazione della quotidianità. Paesaggi alpini di alta quota, infrastrutture del traffico, cantieri, strutture cosiddette "totali"
come ospedali e prigioni, sono l'oggetto delle sue ricerche, alle quali da oltre un decennio affianca Bildraum/space image, un complesso progetto nel quale l'autore, spingendosi oltre la pura logica documentaria, indaga i meccanismi e i limiti della percezione.
Tra le numerose mostre a cui ha partecipato, ricordiamo le personali organizzate presso il Museum fr moderne und zeitgenssische Kunst di Salisburgo, il Centre pour l'Image Contemporaine di Ginevra (2000), la Kunsthalle di Vienna, il Museum der Bildenden Knste di Lipsia, il Kunstverein di Hannover, il Wrttembergischer Kunstverein di Stoccarda (2003), il MUSEION di Bolzano (2004), il Museo Mercedes Benz di Stoccarda (2006), l'Expo Pavillion Austria di Saragozza (2008).

Francesco Radino (Bagno a Ripoli 1947) attivo nella fotografia fin dagli anni settanta. Muovendo da una ricerca sul paesaggio urbano, elabora negli anni una propria poetica, ricca di suggestioni immaginifiche ed emozionali. I suoi lavori appaiono come un fluire di molteplici narrazioni, individuali e collettive al contempo.
Sovrapposte, si accumulano figure umane, elementi naturali, territori urbanizzati, animali ed oggetti, che perdono l'originaria consistenza fisica assumendo la stessa dimensione atemporale della memoria.
Tra le personali a cui ha partecipato, ricordiamo le mostre organizzate presso la Galerie Fotografie Eichinger di Berlino, il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Varese (1999), FNAC Italie 2 di Parigi (2002), la Galleria del Gottardo di Lugano (2003), il Castello Ducale di Corigliano Calabro (2004),Fotografia Italiana Contemporanea a Milano (2007), il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (2008).

domenica 19 settembre 2010

Scultura lignea della Madonna dei Poveri di Seminara.(RC)



La tradizione ricorda il rinvenimento del simulacro, nei dintorni del piccolo centro calabrese, alla metà del IX sec.
La statua della cosiddetta Vergine «bruna» era anticamente posizionata all’interno di una nicchia, come testimonia il chiodo posto sul retro (foto sopra in piccolo).
È stato effettuato il restauro della statua in legno raffigurante la Madonna dei Poveri, che, tra le numerose effigi della Vergine «bruna» che si venerano in Italia, è tra le più belle e imponenti, e forse anche la più misteriosa.
Alta 92 cm e poggiata su un trono in oro e argento laminato, la statua lignea tiene in braccio il Bambino, che indossa il saio legato da un cingolo e reca in una mano un globo sormontato da una piccola croce e nell’altra un rametto.
Le notizie sull’origine e la provenienza dell’antica immagine sono tramandate da una leggenda, secondo la quale il simulacro ligneo, appartenuto al vescovo Basilio di Cesarea ( Cappadocia ), fu portato in Occidente dai monaci bizantini in fuga dalle Persecuzioni iconoclaste scatenate da1l’imperatore Leone III Isaurico (VIII secolo) e destinato alla città di Taureana.

Nel 951 , quando la città fu distrutta dalle incursioni saracene, si cercò di trasportarlo a Seminara, ma, durante la fuga dai pirati, venne abbandonato per strada.

L’immagine fu quindi rinvenuta nella campagna circostante sotto un mucchio di pietre , un Martedì o Mercoledì Santo,da alcuni cittadini di Seminara. I nobili del luogo tentarono di trasportarla, ma ogni sforzo risultò vano per la sua pesantezza.
Troppo pesante per i nobili, sollevata, allora, dalle classi più umili si rivelò leggera, per cui fu definita la Madonna dei Poveri e divenne la protettrice della città.
Venerata da re e imperatori (Ruggero lI il normanno,Ferdinando Il di Spagna, Carlo V), la statua fu anticamente posta a mo’ di icona in una nicchia. L’attuale trono in argento laminato, dono di una ricchissima famiglia di origine spagnola, risale a metà Settecento.
La Madonna, che per due volte si salvò dalla distruzione totale della città di Seminara nel 1783 e nel 1908, a causa del terremoto, oggi è conservata ne1l’omonimo santuario eretto nel 1975. La sua solenne festività viene celebrata, annualmente, dal 10 al 15 del mese di agosto.
Arte e tradizioni popolari
Nell’iconografia mariana sono numerose le Madonne Nere oggi esistenti. Dal punto di vista religioso queste scure immagini femminili rappresentazioni cristiane della maternità sacra, hanno un valore impegnativo per la devozione che hanno sollecitato nel corso dei secoli nei santuari in cui sono venerate.
Hanno un valore folcloristico, in considerazione del grandissimo numero di credenze popolari che intorno alle loro figure si sono sviluppate.
Assumono anche un indubbio valore letterario per il numero considerevole di racconti e leggende riportati generalmente in testi scritti, narrazioni che sono sorte intorno a loro e che sorgono ancora. La Sacra Immagine della Madonna dei Poveri di Seminara concentra in sé tutti questi valori oltre a possedere un altissimo valore storico-artistico, che è stato valorizzato attraverso il restauro e le indagini scientifiche, e che hanno fornito le notizie necessarie alla comprensione di un’opera così preziosa si nel suo aspetto materiale ma soprattutto nel cuore dei fedeli.
La statua di Seminara è scolpita almeno nella sua struttura principale, in un unico blocco ligneo. L’uso di ricavare il corpo della struttura da un unico pezzo di legno è ben attestata nel periodo medievale, così come prevedevano le norme della Corporazione degli intagliatori. Generalmente si usavano tronchi non stagionati che venivano immediatamente svuotati all’interno, dal retro, per evitare le spaccature che si verificano in fase di stagionatura sui tronchi interi.
A questa pratica molto probabilmente è riconducibile la presenza della grossa cavità sul retro della statua.
In genere, nella produzione statuaria in legno venivano predilette le essenze a struttura compatta, venatura regolare e media durezza, ma in realtà vennero usati quasi tutti i tipi di legno messi a disposizione dalla flora locale.
Le tracce di un incendio?
Il tipico colorito bruno degli incarnati che ha dato il none di «Madonna nera di Seminara» alla statua, è stato oggetto di numerose discussioni in merito. Prestando fede alla già ricordata leggenda che la vuole trasportata a Seminara dopo la distruzione della città di Taureana nel 951, molti studiosi hanno attribuito il colore scuro della pelle a un’alterazione dei pigmenti a base di ossidi di ferro a seguito della loro esposizione al fuoco di un incendio che li ha resi scuri per viraggio.
Così l ’immagine di una Madonna nigra non sarebbe originaria ma frutto
di una modificazione per cause esterne del colore chiaro primitivo. Per quanto riguarda invece le vesti, queste sono state dorate mediante applicazione di foglia d’oro su bolo rosso. Questa tecnica, che ha una lunghissima tradizione sin dall’antichità, prevede l’incollaggio della foglia aurea con un apposito «guazzo» composto da acqua e colla animale o con chiara d’uovo su uno strato di argilla ricca di alluminio di colore rosso, detta bolo. Spesso la foglia d’oro veniva brunita, ossia lucidata, con pietra d’agata laddove la superficie si presentasse liscia e non lavorata.
L'articolo sopra esposto è stato tratto dalla rivista MEDIOEVO e rielaborato

sabato 4 settembre 2010

ANTONELLO GAGINI Scultore



San. Giorgio uccide il Drago di Antonello Gagini Palermo

Sull'onda della diffusione dell'arte rinascimentale nel Meridione d’Italia Domenico Gagini arriva da Napoli a Palermo nel 1459 dove apre una bottega che alla sua morte sarà ripresa da figlio Antonello scultore e architetto che operò soprattutto in Sicilia e Calabria. ANTONELLO ( Palermo, 1478 – Palermo, 1536 ) non solo studia architettura col padre, ma ci risulta anche un suo soggiorno a Roma presso Michelangelo dal 1504 al 1506, dove collabora alla tomba di Giulio II, poi il ritorno a in Sicilia.
La Tribuna marmorea della Cattedrale di Palermo fu la più importante e imponente opera di scultura realizzata. Ad essa lo scultore lavorò dal 1509 al 1536, anno della sua morte. L’opera poi fu portata a termine dai figli Antonino, Giacomo e Vincenzo.
La tribuna, alta 25 metri circa, ricopriva l’intera abside della navata centrale della Cattedrale ed era strutturata in tre ordini di nicchie sovrapposti. Le nicchie del primo ordine ospitavano 14 statue di santi, al di sotto e al di sopra dei quali vi erano le formelle in altorilievo con le storie dei rispettivi santi, e i tondi in altorilievo degli angeli porta corona.
Anche il secondo ordine era composto da 14 nicchie con rispettivi santi; mentre il terzo ordine ne conteneva 12.
Sull’asse mediano dell’abside vi erano due nicchie più grandi: in basso, nel primo ordine, quella contenente la statua di “Maria assunta in cielo tra gli angeli”; in alto, compresa da secondo e terzo ordine, quella con le statue del "Cristo risorto" e i tre soldati. L’intero apparato culminava in alto con un catino absidale in cui era raffigurato il "Padreterno" in stucco, opera realizzata da Vincenzo Gagini.

E' nel 1507 che il Gagini A. da inizio ad una fittissima attività per le chiese di Palermo, della Sicilia e della Calabria.
Troviamo le sue inconfondibili opere marmoree di Madonne sparse per grossi e piccoli centri da Palermo ad Erice,da Noto a Seminara in Calabria.

Nel 1797 , in occasione della ristrutturazione della Cattedrale, iniziata nel 1780 , la Tribuna fu letteralmente demolita: le 45 statue, i 14 angeli e le 14 formelle furono dislocate all’interno della Cattedrale stessa; anche 14 paraste , che rappresentavano una parte strutturale della Tribuna, furono riadattate nella Cappella di Santa Rosalia, sempre all’interno della Cattedrale; il "Padreterno" in stucco , invece, venne totalmente distrutto.

Vi presentiamo alcune opere marmoree delle Madonne sopra menzionate:


Madonna degli Angeli Noto Sicilia




Madonna con Bambino Cattedrale Palermo



Erice Sicilia Madonna



Modonna del Gagini a Seminara R.C.
Al 1508 risalgono, infatti, due lavori la Madonna degli Angeli della chiesa di S. Marco a Seminara (RC): e la Madonna del Pilerio della chiesa di S. Maria della Grazie di Sinopoli Superiore (RC). La Madonna di Seminara è nel solco delle opere migliori d’Antonello; quella di Sinopoli, viceversa, se ne differenzia per formato e impostazione; tanto da far pensare ad un lavoro di bottega



Taormina Messina Duomo Madonna col Bambino A. Gagini
.