auto antiche e moderne

domenica 27 dicembre 2020

Mosè Bianchi

 








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Nato a Monza il 13 ottobre 1840 e morto nella stessa città il 15 marzo 1904. Entra sedicenne all’Accademia di Brera, dove studia disegno architettonico con il viennese Federico Schmidt, scenografia e prospettiva con Luigi Bisi, disegno e ornato con Giuseppe Sogni e Leandro Bernacchi, e paesaggio con l’austriaco Albert Zimmermann. Qui ha come compagni Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Filippo Carcano e i due “ticinesi” Antonio Barzaghi Cattaneo ed Ernesto Fontana con cui condividerà, dal 1862, lo studio in Via San Primo a Milano. Dopo la partecipazione alla Seconda Guerra d’Indipendenza, dal 1863 segue la cattedra di pittura del Bertini succeduto ad Hayez. I suoi primi saggi sono ritratti, oggi nei Musei Civici di Monza, e dipinti di pittura storica e di soggetto popolare, esposti a Brera tra il 1862 e il 1866: l’Arciprete Stefano Guandeca che accusa l’arcivescovo di Milano, Anselmo Pusterla, di tradimento sacrilego, La congiura di Pontina, La comunione di San Luigi e La vigilia della sagra, che apre la serie dei chierichetti che acquisterà successivamente piena autonomia con Una buona fumata del 1872 (Milano, Collezione Giovanni Treccani degli Alfieri), che vince nel 1877 il Premio Principe Umberto. Emergono nel 1865 la prima versione di Cleopatra, stupendo nudo dal vero, e la prima versione de La Signora di Monza, con una più accentuata attenzione psicologica per il personaggio. Conclude il primo periodo milanese con La visione di Saul (1866), ottenendo il Pensionato Oggioni dell’Accademia di Brera che gli consente di viaggiare per due anni nelle città d’arte, da Firenze a Roma a Venezia, dove studia il colorismo di Giambattista Tiepolo, sino a Parigi, dove entra in contatto con la pittura neosettecentesca di Jean-Louis-Ernest Messonier e di Mariano Fortuny. Nella sua piena maturità si dedica, oltre a temi danteschi o ispirati al romanzo Cento Anni di Giuseppe Rovani, caro amico del pittore (Pittore Londonio e il perduto Colloquio del Galantino con donna Clelia), anche a soggetti tratti dalla vita contemporanea, come La Lettrice (1867) e Fratelli al campo (1869),


I f un dipinto patriottico che ricorda la liberazione i ratelli sono al campo! Ricordo di Venezia di Mosè Bianchi èione di Venezia dal dominio dell’impero austriaco.

Mosè BianchiI fratelli sono al campo! Ricordo di Venezia, 1869, olio su tela, cm 149 x 104. Milano, Pinacoteca di Brera re donne pregano assorte sui banchi di fronte all’altare in una chiesa. Due giovani sono inginocchiate e la loro postura mostra un sentimento di estrema disperazione. Una di loro invece è in piedi sulla sinistra. La donna assume un atteggiamento molto compassato e con la mano destra tiene il segno in un libretto. Il suo viso è coperto da un velo nero trasparente ed è avvolta da un ampio scialle colorato.

’artista ambientò il dipinto durante la liberazione di Venezia del 1866, un momento della terza guerra d’Indipendenza Italiana. Le tre giovani pregano intensamente per i fratelli che combattono nella battaglia. Per sottolineare il tono patriottico del dipinto l’artista dipinse alcuni riferimenti come il tricolore formato dai colori delle loro vesti.è Bianchi presentò l’opera all’esposizione annuale di Brera nel 1869 con il titolo I fratelli sono al campo! Ricordo di Venezia. Nell’occasione il Regio Ministero dell’Istruzione Pubblica acquistò il dipinto e lo donò in seguito all’Accademia di Brera. Il forte realismo e il tono romantico e patriottico suscitarono inoltre il consenso della borghesia milanese.Mosè Bianchi realizzò l’opera nel 1869, tre anni dopo la liberazione di Venezia. La città passò infatti al Regno d’Italia il 19 ottobre 1866 in seguito al trattato di Vienna del 3 ottobre 1866.









 entrambi alla Pinacoteca di Brera, Benedizione delle case e Uscita di chiesa (1870), l’Interno del Duomo di Monza, esposto a Brera nel 1874 e acquistato dal re del Belgio, Ritorno dalla sagra del 1877 (Milano, Galleria d’arte moderna), che inaugurano quel filone di interni di chiesa che culmina con La parola di Dio del 1887 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna). Nel ritratto si distingue sin dalle prime opere giovanili, con i ritratti del nipotino e poi allievo prediletto Pompeo Mariani (1868-1870 circa), e col magistrale Ritratto di nobile signore, in cui raffigura il padre, col quale vince nel 1874 il Premio Principe Umberto (che si aggiudicherà ancora nel 1900 con Interno di casolare a Gignese e nel 1904 con La partenza pel duello). Pittore eclettico e versatile, oltre l’acquerello e l’acquaforte (nel 1896 vince un premio al Concorso della Calcografia Nazionale) sperimenta anche l’affresco decorando la Villa Giovanelli a Lonigo, presso Vicenza (1877), la saletta della Stazione ferroviaria di Monza (1883) e Palazzo Turati a Milano (1885). Dal 1879 tratta soggetti ambientati nella laguna veneta, specialmente a Chioggia (ad esempio, Porto di San Felice a Chioggia e Traversata in Laguna, entrambi del 1885 e conservati presso la Galleria d’arte moderna di Milano), che alterna a vedute lombarde riprese nei lunghi soggiorni a Gignese, sul lago Maggiore, e a caratteristiche immagini di vita milanese, perlopiù notturne e invernali. Nel 1898 vince il concorso di professore e direttore dell’Accademia Cignaroli di Verona, e si trasferisce nella Villa Berengario, in borgo Tascherio. Vi rimarrà solo un anno. Alla fine del 1899 ritorna a Monza dove muore il 15 marzo 1904. Due anni più tardi gli viene dedicata una mostra nell’ambito dell’Esposizione Universale di Milano.


        Meriggio invernale di Mosè Bianchi a  Milano  olio  su  tavoletta cm 24 x 15
dipinto aggiudicato  Asta  !4 12 2020 da Casa d'Aste Sant'Agostino
Torino


Inverno a Milano di Mosè Bianchi



olio su tela cm 50 x 70  firmata in basso a destra  Mosè Bianchi 1890 




CLEOPATRA

Descrizione: donna seminuda seduta su una sedia rossa appoggiata ad un cuscino damascato giallo ocra. Veli bianchi degli abiti sulla sedia e pelle maculata sulle gambe.Capelli neri con fascia sulla fronte, sguardo rivolto verso l'alto e braccia dietro la testa. Sullo sfondo, a destra,in prospettiva una scalinata ;a sinsitra mobilio di stile orientale

Notizie storico-critiche: L'opera potrebbe essere identificata con quella esposta a Brera in occasione dell'Esposizione di Belle Arti del 1865. Come ne "La signora di Monza", esposta nella medesima mostra, si evincono chiaramente gli influssi del Bertini e del Cremona, ai quali il Bianchi guardava in quel periodo. Una replica, verosimilmente quella con numero di inventario 239, fu presentata all'Esposizione di Brera nel 1872.





Autore: Bianchi Mosè (1840/ 1904)

Cronologia: ante 1865

Tipologiapittura

Materia e tecnica: tela/ pittura a olio

Misure: 112 cm x 137 cm

Descrizione: donna seminuda seduta su una sedia rossa appoggiata ad un cuscino damascato giallo ocra. Veli bianchi degli abiti sulla sedia e pelle maculata sulle gambe.Capelli neri con fascia sulla fronte, sguardo rivolto verso l'alto e braccia dietro la testa. Sullo sfondo, a destra,in prospettiva una scalinata ;a sinsitra mobilio di stile orientale

Notizie storico-critiche: L'opera potrebbe essere identificata con quella esposta a Brera in occasione dell'Esposizione di Belle Arti del 1865. Come ne "La signora di Monza", esposta nella medesima mostra, si evincono chiaramente gli influssi del Bertini e del Cremona, ai quali il Bianchi guardava in quel periodo. Una replica, verosimilmente quella con numero di inventario 239, fu presentata all'Esposizione di Brera nel 1872.

Collocazione

Milano (MI), Galleria d'Arte Moderna


lunedì 21 dicembre 2020

Andrea Marchisio

 MARCHISIO, Andrea.

 

                                                                     autoritratto

 - Nacque a Torino il 15 maggio 1850 da Antonio e da Caterina Ferri. Nel 1864 iniziò a frequentare l'Accademia Albertina, dove studiò con E. Gamba e A. Gastaldi, conseguendo, negli ultimi anni, diverse menzioni d'onore. Nel 1869 terminò gli studi ed esordì partecipando alla mostra annuale della Promotrice di Torino con il dipinto di genere Una bolla di sapone (di ubicazione ignota, come altre opere, se non diversamente indicato). Nella stessa sede presentò, nel 1870, Renzo rifiuta il proprio nome all'oste, ispirato ai Promessi sposi e, nel 1873, Amore e patria, apprezzato per "bontà di colorito e vivacità di composizione" (Stella, p. 440), che lo rivelò artista maturo, buon disegnatore accademico e ne sancì l'affermazione sulla scena locale.

Da questo momento il M. continuò a proporre i suoi lavori quasi esclusivamente nelle rassegne della Promotrice torinese, cui partecipò con regolare cadenza sino alla fine del secolo, esponendovi opere quali L'indomani (1874), Una nota poco armonica (1875), Linneo dopo un'escursione botanica (1876), Goethe e Bettina Brentano (1877), L'occasione fa il ladro (1878), Non serve l'arte a sollevar chi soffre (1880).

La ricostruzione del catalogo dell'opera del M. è oggi complessa, poiché i suoi dipinti, acquistati al tempo da privati e gallerie (Stella), sono nella quasi totalità dispersi, conservati in collezione private e non pubblicati. Stando ai titoli e al poco che fino a ora ne è riemerso, prevale nella sua prima produzione una predilezione per i temi di genere, allora di particolare fortuna in Piemonte; successivamente il M. si indirizzò verso soggetti storici e letterari, stemperati nell'aneddoto e nella scena di costume, resi con tecnica vivace e una tavolozza di sperimentata abilità.

Il 29 genn. 1882, dopo la morte della moglie Angela Ronco, sposata nel 1873, il M. si legò in seconde nozze con Carlotta Olivieri, dalla quale ebbe cinque figli. Nel 1886 la nomina a maestro assistente di pittura all'Accademia Albertina segnò l'avvio di una lunga carriera accademica che lo impegnò profondamente per l'intero corso della vita, tanto da precludergli, come sembra suggerire il ricordo del pittore E. Zanzi, un maggiore impegno nell'attività artistica.


Andrea Marchisio frequentò l,accademia Albertina di Torino sotto la guida del Gastaldi e         e del Gamba . Si dedicò dapprima al quadro di genere, poi a quello di soggetto storico, privilegiando scene in costume e aneddoti memoriali condotti con un disegno di prim’ordine e una tavolozza cromatica gradevole e di particolare abilità.

Esordì ventenne alla Promotrice di Torino e si affermò defini­tivamente nel 1878 con “Amore e patria” acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna.


     endovi opere quali L'indomani (1874), Una nota poco armonica (1875), Linneo dopo un'escursione botanica (1876), lo studio stanca con             Goethe e Bettina Brentano (1877), L'occasione fa il ladro (1878), Non serve l'arte a sollevar chi soffre (1880).

La ricostruzione del catalogo dell'opera del M. è oggi complessa, poiché i suoi dipinti, acquistati al tempo da privati e gallerie (Stella), sono nella quasi totalità dispersi, conservati in collezione private e non pubblicati. Stando ai titoli e al poco che fino a ora ne è riemerso, prevale nella sua prima produzione una predilezione per i temi di genere, allora di particolare fortuna in Piemonte; successivamente il M. si indirizzò verso soggetti storici e letterari, stemperati nell'aneddoto e nella scena di costume, resi con tecnica vivace e una tavolozza di sperimentata abilità.

Il 29 genn. 1882, dopo la morte della moglie Angela Ronco, sposata nel 1873, il M. si legò in seconde nozze con Carlotta Olivieri, dalla quale ebbe cinque figli. Nel 1886 la nomina a maestro assistente di pittura all'Accademia Albertina segnò l'avvio di una lunga carriera accademica che lo impegnò profondamente per l'intero corso della vita, tanto da precludergli, come sembra suggerire il ricordo del pittore E. Zanzi, un maggiore impegno nell'attività artistica.

 a  Londra espose un “nudo arditissimo”, che mette la delicatezza dei toni carnicini e della forma in un ambiente di voluttà e di lusso principesco e libertino.

Nel 1885 venne nominato maestro ag­giunto alla cattedra di Disegno nell’ Accade­mia dov’ era stato allievo e fu insegnante apprezzato per la sensibilità di cui era dotato e che si manifestava tanto nell’interpretazione grafica della composizione quanto nell’ accor­do cromatico con cui dava risalto alle immagi­ni, ma non meno per la sua capacità di indiriz­zare le ricerche dei giovani che gli erano affi­dati.
Tra i maestri piemontesi del secondo Ottocento, Andrea Marchisio è meno noto di Gilardi Turletti, dei quali in parte condivise la soggettistica e l’interpretazione della pittura essenzialmente intesa come rap­presentazione.
Ma il suo generismo di marca romantica pare orientarsi ad una più autentica ricerca del vero, ancorché le sue versioni del­l’aneddoto in costume e non, della scenetta e della macchietta si rivelino più riflessive ed attente, meno scherzose di quelle, ad esempio, di un Turletti.
Andrea Marchisio soggiornò spesso a Bordighera, dove aveva per amici numerosi pittori.
Espose alla Galleria “Richetta” in varie occcasioni.
Suoi quadri di periodo ligure sono conservati in collezioni private.

scena storica in costume olio  su tela cm 52x96    1873                            



                                                       
             lo studio  stanca   olio su  cartone di Andrea  Marchisio 1877  cm.  41x56    "Goethe  e    Bettina  Brentano
Aggiudicato a Galleria  Elioarte  Casa d'Aste  Sant'AgostinoAsta 156 lotto 94  del 23.2.2021


Entusiasticamente innamorata ammiratrice, amica e confidente di Johann Wolfgang Goethe, Bettina Brentano non può non apparirci, sotto il profilo artistico, figlia del grande poeta romantico. Quanti echi dell’autore del Werther risuonano nelle appassionate lettere della pupilla; quante reminiscenze, ed espliciti rimandi ai temi più caratteristici del sommo letterato, si trovano in queste impetuose e fantastiche pagine. Bettina si è abbeverata al Verbo di Goethe fin dalla propria infanzia e per la vita, diventandone la più fedele creatura. Nient’altro a lui chiedeva, se non quanto le spettasse.
                                                                                                                                                      

Enrico Gamba

    Enrfico Gamba

Nato a Torino il 3 gennaio 1831, morto nella stessa città il 19 ottobre 1883


Fratello minore di Francesco Gamba, entrò dodicenne all'Accademia Albertina delle Belle arti di Torino, dove fu allievo di Cusa, Marghinotti e Arienti.




Nel 1850 si recò in Germania, dove frequentò lo Städelsche Kunstinstitut di Francoforte sul Meno. Al termine degli studi compì un viaggio nel nord Europa con il pittore inglese Frederic Leighton, e significativi furono gli incontri con gli artisti Kaulbach, Cornelius e Bendemann.
Tra il 1854 e il 1855 presentò due opere alla mostra della Promotrice di Torino (con l'opera Santa Teresa1854), e all'Esposizione di Brera (I funerali di Tiziano1855). Ambedue i quadri verranno acquistati da casa Savoia.
Il consenso dei reali aprì a Gamba le porte dell'insegnamento all'Accademia Albertina.

Nel 1855 Gamba si recò in visita a Parigi dal suo amico Leighton, dove ebbe l'opportunità di conoscere i pittori Montfort, HébertRobert-Fleury, Scheffer, Couture.
Nel 1860 ebbe l'incarico da parte del Ministero della Pubblica Istruzione di dipingere il quadro Vittorio Amedeo II soccorre i danneggiati dalla guerra; l'opera, terminata nel 1864, venne presentata tre anni dopo all'Esposizione di Parigi.

Dopo l'unità d'Italia, Gamba diventò pittore istituzionale realizzando principalmente soggetti a carattere storico-risorgimentale o paesaggistico; nel 1872 presentò l'opera Goldoni, studiando dal vero all'Esposizione Internazionale di Venezia.

È stato anche maestro del pittore Luigi Giovanni Vitale CapelloGiovanni Battista Quadrone e Carlo Cussetti


Pittore, Incisore, Decoratore

Nato a Torino il 3 gennaio 1831, morto nella stessa città il 19 ottobre 1883. Fratello minore di Francesco Gamba. Studiò all'Accademia Albertina con Michele Cusa e con Carlo Arienti, poi nel 1850 si recò a Francoforte sul Meno dove fu allievo di Edoardo Steinlen.

        




OLIO SU TAVOLA  CM 45 X 28,5 di Enrico Gamba
FIRMATO IN BASSO A SINISTRA 
VENDUTO IN ASTA dalla  casa d'aste  SANT'agostino


                                                 Proprieà  Galleria   Elioarte siglata EG in basso a sinistra

 
torre di Belem  olio su tela  cm 35x62 siglata in basso a destra Enrico Gamba

giovedì 17 dicembre 2020

Giuseppe Natali

 GIUSEPPE NATALI (1909-1965)

“Paesaggio con figura sullo sfondoMisure: cm 25 x 41

L'artista Natali Giuseppe fu un pittore attivo nel corso del XX secolo . Nacque a Bologna nel 1909, morì a Bologna nel 1965 all'età di 56 anni.


Dopo il temporale
Galleria  elioarte  olio su faesite    cm25 x41 firmato G. Natali in basso a  destra



                                                          









GIUSEPPE NATALI (Bologna 1909 – Bologna 1965) OLIO su masonite “Paesaggio campestre con case”, firmato in basso a destra.

























 


sabato 12 dicembre 2020

Pietro de Francisco

 


) “LA PRIMAVERA” – ”Dipinto ad olio su tavola  Cm 22,5×34. 

Dipinto ad olio su tela in cornice dorata. Cm 48x36.Oil painting on canvas in a golden frame. 48x36 cm.
DE FRANCISCO PIETRO
Palermo 1873 - Mento
ne 1969
L'artista, il cui vero cognome era De Francesco, mutato poi in De Francisco che egli ritenne più rappresentativo, a circa vent'anni fu all'istituto di Belle Arti della città natale, allievo di S. Marchese e F. Lojacono: a questo periodo risalgono alcuni dipinti en plein air (Vitelli, 1896, coll. privata) e studi (Uomo ignudo, Nudino, 1898; Testa di vecchio, 1897, Palermo, Galleria Civica d'Arte Moderna) e anche alcune opere d’ispirazione storica (Pigmalione, 1896, noto attraverso una vecchia fotografia; Nerone e Poppea, 1899; I funerali di Petrarca; San Paolo dinanzi Agrippa, Roma, Musei Capitolini). Nei primi anni del nuovo secolo, beneficiando di una pensione, si stabilì a Roma dove si dedicò a temi di paesaggio dai dichiarati intenti intimisti (Paesaggio nostalgico, 1901, Palermo, Galleria Civica d'Arte Moderna). Nel 1902 espose Marina, Venezia e uno studio alla mostra romana “In Arte Libertas”. Con il trasferimento a Milano comparve nella sua produzione, accanto agli studi di paesaggio, un interesse per le tematiche sociali (La rivolta, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) presente anche nelle opere esposte a Napoli nel 1904 (Le barricate, Impressioni) e nel 1906 a Milano (Conforti, Paesaggio al crepuscolo, Vecchie case, Lotte sociali). Dal 1909 fu a Parigi, dove conobbe C. Monet col quale espose nel 1911. Le suggestioni postimpressioniste e lo studio, condotto nella capitale francese, sui cromatismi, sulla luce, sulla vita moderna culminarono nel dipinto Les Moulins, eseguito al ritorno a Milano, nel 1915, e accompagnato da altri dipinti d'ambiente impressionista. La spinta al rinnovamento e al superamento della tradizione accademica avvicinarono il pittore, pur se con attitudine teorica, agli ambienti palermitani 
Dipinto ad olio su tela . Cm 48x36.

MARINA CON BARCHE DI PESCATORI








 

venerdì 11 dicembre 2020

Ubaldo Magnavacca

 

Ubaldo Magnavacca nasce il 22 agosto 1885 a Modena in un’agiata famiglia di mugnai.

Manifesta un precoce talento nel disegno dal vero e, indirizzato dal maestro Salvatore Postiglione, studia presso l'Istituto di belle arti di Modena dove si specializza nell’incisione con tecnica acquaforte.

Riceve presto i primi riconoscimenti vincendo nel 1906 il premio Magnanini e nel 1912 il premio Poletti.

Nel 1914 è ammesso come socio onorario alla Reale Accademia di belle arti e l'anno successivo vince il concorso Curlandese a Bologna.

Nel 1916 come incisore partecipa alla Mostra italiana a Londra con le opere Il ponte dei sospiriI costruttori di pozziL'abside del duomo di ModenaLa cattedrale di Reim.

Nel decennio tra il 1920 e il 1930, sempre come incisore, espone in cinque edizioni della Biennale di Venezia.

Nel 1931 partecipa alla I Quadriennale nazionale d’arte di Roma.

Dal 1934 al 1944 insegna figura alla libera scuola serale del nudo presso l'istituto d'arte A. Venturi. Seguono i suoi corsi Nereo Annovi, Peppino Ascari, Iro Malavasi, Vittorio Magelli e Walter Morselli.

Sue opere sono presenti nella collezione della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente.




lio su tavolrtta  cm  43 x 24
Con una mostra che apre sabato 11 maggio, il Museo civico rende omaggio al pittore, scultore e incisore modenese Ubaldo Magnavacca, morto da quasi mezzo secolo
"Qualche breve articolo di giornale, alcune scarne segnalazioni nei cataloghi, una biografia, in apparenza, dimessa. Eppure il suo nome figura in numerose raccolte pubbliche e private in Italia e all'estero, 17 mila sarebbero le stampe uscite dai suoi torchi, ora disperse in collezioni di tutto il mondo, e molti modenese hanno in casa opere sue, spesso avute in eredità da chi le acquistò quando l'artista era in vita. A quasi mezzo secolo dalla morte, il pittore, sculture e incisore modenese Ubaldo Magnavacca (1885-1957) riceve l'omaggio del Museo civico d'arte, che dall'11 maggio (inaugurazione alle 18) fino al 17 novembre espone una quarantina di opere nell'ambito della nona edizione della serie "Riquadri" (martedì 9-12/16-19, mercoledì, giovedì e venerdì 9-12, sabato 9-13/16-19, domenica e festivi 10-13/16-19, ingresso 3,10 euro). Un "distacco temporale - spiega Francesca Piccinini, conservatore del Museo civico d'arte - che ne rende possibile, e auspicabile, una più equilibrata valutazione, esente ormai da quei meccanismi di mercato dai quali soprattutto l'ultima produzione dell'artista fu travolta". Magnavacca aveva iniziato la carriera artistica con alcuni lusinghieri riconoscimenti accademici: i premi Magnanini (1906) e Poletti (1912) e il concorso Curlandese per l'incisione (1915) in un contesto locale fatto di eredità verista, nuove istanze simboliste e una certa disponibilità al gusto post-impressionista, favorito dai più aggiornati artisti modenesi allora in giro per l'Italia. La sua sensibilità ottocentesca evidenzia tuttavia una predilezione neo romantica che ben presto lo porta a privilegiare il paesaggio e la vita dei campi. Negli anni Venti arrivano i riconoscimenti della critica più importanti della sua carriera e le presenze continuative alla Biennale di Venezia. Accanto all'attività di pittore e incisore si affaccia intanto in modo discontinuo, ma significativo, anche la scultura. E poi, la nuova passione per la spat
ola, che lo porterà a tralasciare i pennelli. Per approfondire questa tecnica pittorica, il Museo propone un laboratorio di pittura per adulti e bambini, condotto dall'artista modenese Carlo Sabbadini domenica 12 maggio, sabato 18 maggio, domenica 19 maggio e domenica 26 maggio dalle 16 alle 19 (prenotazione obbligatoria al numero 059 200100, ingresso singolo 5 euro, ingresso famiglia 10 euro, ingresso adulto e bambino 8 euro). Ubaldo Magnavacca morirà nel 1957 nella casa di Lerici, in Liguria, dover era solito ritirarsi. "