auto antiche e moderne

lunedì 28 settembre 2020

I postmacchiaioli

 

Artisti postmacchiaioliI Postmacchiaioli furono un gruppo nutrito di pittori che, partendo dalle premesse pittoriche a cui erano addivenuti i Macchiaioli, svilupparono un progetto artistico autonomo e innovativo.





giovedì 24 settembre 2020

filippo palizzi la pittura napoletana dell'800



Filippo Palizzi nacque a Vasto il 16 giugno 1818, quinto di tredici figli. Il padre era stato avvocato, poi si era impiegato.[1][2]

Nel 1836 Filippo poté raggiungere il fratello Giuseppe a Napoli e l'anno seguente fu ammesso alla Reale Accademia di belle arti di Napoli Quando Filippo arrivò all'Accademia, la cattedra di paesaggio era tenuta da Gabriele Smargiassi, proveniente da una benestante famiglia reazionaria di Vasto, in conflitto con la famiglia Palizzi, di idee carbonare.[4] Anche per divergenze artistiche, Filippo abbandonò l'Accademia qualche mese dopo la sua ammissione; i motivi di tale scelta furono esplicitati anni dopo, intorno al 1862, in un saggio polemico dal titolo Un artista fatto dall'Istituto di Belle Arti, scritto subito dopo aver abbandonato una commissione incaricata di riformare l'Istituto.

Abbandonata l'Accademia, Filippo iniziò a frequentare lo studio del pittore abruzzese Giuseppe Bonolis, che indirizzava i suoi allievi allo studio del vero. Insoddisfatto, intraprese uno studio personale sul tema "ritrarre animali dal vero".[1] Nel 1839 espose per la prima volta un quadro nell'esposizione biennale al Reale Museo borbonico, uno Studio di animali, n. 152 del catalogo, che venne acquistato dalla duchessa di Berry.[4] Il 25 ottobre 1842 intraprese il suo primo viaggio all'estero, fino a Galați, chiamato dal principe Maronsi per insegnare pittura al figlio, in Asia Minore.[5] Dopo due anni Filippo tornò a Napoli. S'interessò agli avvenimenti risorgimentali nel regno delle Due Sicilie intorno al 1848, come manifestato dai dipinti Sera del 18 febbraio 1848 a Napoli e Barricate del 15 maggio 1848.

Usi e costumi di Napoli[modifica | modifica wikitesto]

uno stipendio che permetteva ai due pittori di studiare a Roma. Francesco De Bourcard, editore svizzero amante di Napoli, ideò una raccolta di acqueforti, tirate a torchio e colorate a mano, che raffiguravsno scene di vita popolare napoletana, Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti. De Bourcard si interessò della parte letteraria, mentre il Palizzi con altri pittori e disegnatori, si occupò di quella artistica. Si trattava di testi cui si accompagnavano cento litografie (di cui lui ne realizzò 49), in tiratura limitata di 100 copie. La raccolta diventò subito introvabile e ancora oggi è impresa ardua riunire tutte le tavole, per una mostra.[4]

Nel 1855 si recò dal fratello Giuseppe a Parigi, in vista dell'Esposizione universale. Qui Filippo conobbe artisti francesi, tra cui paesaggisti della scuola di Barbizon. Al ritorno dalla Francia Palizzi a Firenze incontrò Giovanni Fattori e altri pittori che avrebbero dato vita al movimento dei macchiaioli, ai quali mostrò gli studi dei barbizonniers che aveva portato dal recente viaggio a Parigi.[4]

Dopo l'unità d'Italia[modifica | modifica wikitesto]Dopo il diluvio

Criticò la prima Esposizione Nazionale di Firenze del 1861, commentandola in una lettera all'amico Eleuterio Pagliano, del 28 ottobre 1861:

L'Esposizione è un caos di Passato, Presente e Avvenire. Di opere buone poche, di mediocri molte, di pessime moltissime.[7]

Nel 1864 fondò, insieme all'incisore siciliano Saro Cucinotta, il giornale L'arte moderna, dal sottotitolo Foglio da pubblicarsi finché non si sciolga il Reale Istituto di belle arti.[8]

Nel 1867 in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi, presentò sei dipinti, tra cui il Dopo il diluvio, commissionato nel 1861 da Vittorio Emanuele II e che ebbe un lungo periodo di incubazione, durante il quale il pittore dubitò di riuscire a realizzarlo. L'opera riscosse immediatamente un inatteso successo. La morte dei fratelli Nicola e Francesco Paolo, nel 1870 e nel 1871, segnarono il pittore vastese, che diventò solitario e scontroso, ma che continuò a dipingere, ritirato nel suo studio. Si recò a Vienna nel 1873, come giurato per l'Esposizione Universale.

Nel 1878 Filippo si lasciò convincere da Francesco De Sanctis ministro della Pubblica Istruzione e da Morelli ad assumere la presidenza del Real Istituto di belle arti di Napoli, con lo scopo di riformarlo e di rendere i metodi di insegnamento al passo coi tempi. Affrontò con impegno l'indisciplina degli alunni, la fiacchezza dell'insegnamento, l'anarchia del personale e il disordine amministrativo. Vennero istituite nuove materie, tra cui anatomia e studio delle piante, e vennero assunti due nuovi insegnanti. Nel 1880 chiese le dimissioni, che venero prima rifiutate.[9] e accettate l'anno successivo.

Il 24 ottobre 1881, su proposta del Morelli, ottenne la direzione dei Museo Artistico Industriale di Napoli e diede inizio all'officina di ceramica. Nel 1891 Filippo Palizzi accettò di tornare alla presidenza dell'istituto di Belle Arti, per un quinquennio, convinto dall'allora ministro della Pubblica istruzione Pasquale Villari. Nel 1896 il suo ruolo di presidente venne rinnovato per altri cinque anni.[4] L'11 settembre 1899 a Napoli Filippo Palizzi morì, all'età di ottantuno anni.


Dipinto ad olio su tela in cornice in legno dorato. Firmato Filippo Palizzi. Cm 30,5x52
case d'Aste Sarno  Palermo  aggiudicato lotto 274  a Galleria Elioarte





martedì 22 settembre 2020

Raffaello sanzio d'Urbino Le tre Grazie

 le tre    grazie di Raffaello



Raffaello Sanzio, Le tre Grazie, 1498-1500, Chantilly, Museo Condé

Il tema è connesso a quello di un precedente dipinto di RaffaelloIl sogno del cavaliere ( 1504 ),  in cui si raffigura un giovane cavaliere dormiente e al momento della scelta fra l’amore e la saggezza. Le Grazie consegnano infatti i pomi delle esperidi al giovane come ricompensa per aver scelto la virtù. Il pannello mostra un grande senso euritmico nella disposizione dei tre morbidi corpi e nell’elegante intreccio delle braccia. Le figure emanano un senso di armonia e di bellezza tipico dell’età umanistico - rinascimentale

Data di produzione: 1503-1504


Dimensioni: 17 x 17 cm


Dove si trova: Museo Condé, Chantilly


Proprio come già scritto poc’anzi, l’opera era legata già ad un altro lavoro del Sanzio, ovvero “Sogno del cavaliere”, ed in particolar modo, tale legame era dato dalla presenza di entrambi all’interno della collezione Borghese di Roma nel 1650. Circa duecento anni dopo, l’opera venne acquistata da Henri Rboul, il quale esercitava il ruolo di sovrintendente della Repubblica Romana per Napoleone Bonaparte (il quale durante le sue campagne militari in vari paesi, sottrasse un gran numero di opere ai vari nemici) e portò questo piccolo dipinto in Francia.