auto antiche e moderne

venerdì 20 dicembre 2019

Diana e Endimione è un Dipinto di Giovanni  Battista  Pittoni  detto  anche Giambattista Pittoni
L'opera si rifà a un tema molto comune nella cultura rinascimentale. Il soggetto ripreso dalle Eroidi di Ovidio  descrive il giovane Endmionee rappresentato immerso nel sonno mentre viene visitato da Diana - Selene , sulla sinistra in basso, è rappresentato un cane, che siede ai  piedi  di Endimione sorvegliandolo,  è l' animale sacro alla dea e richiama la caccia. Notevole fu il successo che il dipinto riscosse all'epoca della realizzazione a Venezia.  Di ignoto  pittore ma di scuola emiliana del XvIIIsec è invece  la tela  sottoriprodotta    fu ceduta in asta Sotheby's nel dicembre 2008 dalla  galleria elioarte .   
Endimione è un personaggio nella mitologia greca, le storie che lo riguardano sono discordanti a seconda delle regioni da cui provengono; in alcune è un pastore o cacciatore della tribù degli Eoli, mentre in altre è un giovane principe che si diceva vivesse ad Elis, questa difficoltà di capire se sia un pastore, un cacciatore o un principe ha reso affascinante il suo personaggio e oggetto di varie rappresentazione artistiche. Si diceva che il suo sonno senza fine fosse a Latmo in Caria sulla costa più occidentale dell'Asia Minore, altri idicono sia stato sepolto ad Olimpia nel  Peloponneso. Una fonte più tarda considera poco importante che fosse pastore o cacciatore ma che era uno studioso di astronomia; Plinio il Vecchio cita Endimione, come esser stato il primo uomo ad osservare con estrema attenzione le fasi lunari, origine simbolica del proprio amore. Nel suo ruolo assunto nel mito di amante di Selene (Diana), la divinità lunare greca arcaica, questa professione fornisce una qualche giustificazione al racconto che lo vuole trascorrere tutto il suo tempo sotto lo sguardo della Dea, che è la personificazione della Luna.

opera attribuita a  Giovanni Antonio Pellegrini (Venezia, 29 aprile 1675 – Venezia, 2 novembre 1741) è stato un pittore italiano. Apprese il mestiere alla bottega del pittore lombardo Paolo Pagani, ma trovò poi più congeniale la pittura rococò di Sebastiano Ricci, soprattutto nella struttura e nelle ombreggiature dei colori.

Simone Peterzano

Maestro di Caravaggio, discepolo di Tiziano e Paolo Veronese, Simone Peterzano occupa un posto speciale nel panorama della pittura italiana. Il suo astro, tuttavia, è rimasto stranamente in ombra fino ai primi anni del Novecento, forse oscurato dal prestigio degli artisti che ebbe intorno.
Due mostre provano ora a restituirgli la fama meritata. Si parte il 19 dicembre dalla Pinacoteca di Brera, che conserva una delle sue creazioni più ammirate, per allargare il campo a febbraio in un grande progetto espositivo dell'Accademia Carrara di Bergamo. Anticipa le iniziative un roadshow in nove tappe distribuite tra Lombardia, Veneto e Piemonte, ideato per presentare l'artista e l'inedito programma di cui è protagonista.






Venere, Cupido e... un ospite d'onore: Peterzano a Brera
Sensualità, bellezza e il fascino del mito sono al centro dell'allestimento raccolto e curato che la Pinacoteca di Brera dedica al pittore cinquecentesco. Qui a tenere banco sono due capolavori indiscussi: la Venere con Cupido e due satiri in un paesaggio, tra le opere più amate del museo milanese dal 1998, e la grande tela di Angelica e Medoro, in arrivo dalla Galerie Canesso di Parigi.
I caratteri principali dell'arte di Peterzano si delineano già in questo confronto: la predilezione per i temi amorosi e profani, l'interesse per il paesaggio, il gusto per il colore e la raffinata resa della luce appresi negli anni trascorsi a Venezia incontrano la schiettezza naturalistica della tradizione lombarda. Prima che la Controriforma faccia sentire la sua influenza, l'artista si muove nel solco della pittura erotica rinascimentale che trova nella Venere di Giorgione un primo, fortunato riferimento per la rappresentazione del nudo femminile.
Se il capolavoro di casa si nutre di maliziosi spunti mitologici, Angelica e Medoro si ispira a un grande successo della letteratura dell'epoca, l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Dal poema Peterzano ritaglia una scena cruciale, quella in cui la principessa Angelica cura le ferite del musulmano Medoro e se ne innamora, scatenando la follia del paladino Orlando. Sulla tela l'episodio si trasformerà in un'originale pietà profana, popolare al punto da meritare i versi dello scrittore milanese Giovan Paolo Lomazzo.

Tiziano e Caravaggio in Peterzano. Il progetto dell'Accademia Carrara
Dal 6 febbraio al 17 maggio gioielli di Tiziano, Tintoretto, Veronese e Caravaggio saranno riuniti a Brescia in un evento di respiro internazionale. I musici di Caravaggio del Metropolitan Museum di New York e Marte, Venere e Amore di Tiziano dal Kunsthistorisches Museum di Vienna faranno compagnia ai dipinti in arrivo dal Prado, dalla Galleria Borghese e dalla Pinacoteca di Brera, mettendo in luce quanto Peterzano condivise con i giganti del Rinascimento e del Barocco.
Il percorso dell'Accademia Carrara prende le mosse dagli esordi veneziani del pittore che, forse per motivi promozionali, continuò per lungo tempo a firmarsi con l'attributo di “Titiani Alumnus”. Qui l'attenzione è tutta per il colore e per una vena di sontuosa sensualità, che si declina in soggetti tratti dalla mitologia o dalla musica. Seguendo i passi dell'artista, ci spostiamo poi a Milano, per scoprire quel gusto per la rappresentazione naturalistica che Peterzano trasmetterà al giovane Caravaggio. A capo di una bottega di successo, l'ormai anziano maestro accolse il Merisi appena tredicenne e lo tenne con sé fino ai diciotto anni: oltre al contratto firmato dalla madre, a testimoniarlo è un nucleo di 100 disegni ritrovati di recente, tra cui interessanti ritratti reciproci maestro-allievo e gli esercizi sulla rappresentazione delle mani, particolarmente ostica per il genio in erba.

In attesa delle due mostre, è possibile ammirare le opere di Simone Peterzano nelle chiese dove lavorò: dagli affreschi di San Maurizio


  Gesù scaccia i mercanti dal tempio


 al Monastero Maggiore, prima commissione milanese, alle tele della chiesa di San Barnaba, fino alla Pietà di San Fedele,



 sempre a Milano, e alle imponenti pitture della Certosa di Garegnano, considerate tra i vertici della sua arte.

martedì 3 dicembre 2019

antiche tecniche di ripresa e stampa fotografica







    Fare fotografia con antiche tecniche nell’era del digitale



    “Le migliori fotografie sono quelle che faresti non appena finito il rullino.” –  Arthur Bloch
    La domanda è semplice. La risposta, forse, un po’ meno.
    Perché nell’epoca della tecnologia digitale dobbiamo voltarci indietro e prendere in considerazione pellicole, carta, emulsioni e la notte della camera oscura?
    Nella nostra esperienza di insegnanti in vari corsi a vari livelli, abbiamo constatato che chi è nato fotograficamente negli ultimi 10 anni ha scarsissime conoscenze delle antiche tecniche che dalle origini alla fine del millennio sono state “la Fotografia”.
    La ripresa fotografica senza l’ausilio del controllo immediato sul display o sul computer appare impossibile a chi non ha vissuto quel mondo. Così come la necessità di sviluppare e stampare le pellicole prima di poter visualizzare le immagini realizzate.
    Per non parlare dei costi: in genere consideriamo (a torto) il digitale come privo di costi di ripresa (non c’è la pellicola). Nella fotografia “analogica” ogni scatto prevedeva un esborso immediato e ben definito, in base al tipo di pellicola utilizzato.
    La conseguenza di tutto questo era una maggior consapevolezza e quindi una conoscenza più approfondita delle tecniche fotografiche. Prima dello scatto il fotografo sapeva pre-visualizzare il risultato, abilità ancora oggi fondamentale, ma che purtroppo stiamo perdendo.
    Il trattamento successivo allo scatto era un altro problema. Dimentichiamo la post-produzione così come la intendiamo oggi e proviamo a pensare ad ogni fotografia come opera unica, perché ogni intervento fatto su una stampa fotografica doveva essere ripetuto sulle stampe successive, ogni errore costringeva a buttare tutto e ripetere il procedimento. Imparare dagli errori era l’unico modo per ottenere risultati eccellenti e non un semplice modo di dire.