auto antiche e moderne

mercoledì 31 ottobre 2018

Simbolismo Le colonne del tempio di Salomone





Il Tempio massonico è non soltanto il luogo dove i Liberi Muratori si riuniscono “per lavorare al Bene ed al Progresso dell’Umanità ed alla Gloria del GAUD”, ma soprattutto è quello spazio reso sacro dove, nell’unione spirituale SIMBOLISMO DELLE COLONNE DEL TEMPIO fra i Fratelli, si  realizza la congiunzione con il Trascendente, con il Divino. Il Tempio va da Oriente ad Occidente e da Settentrione a Mezzogiorno  e dallo Zenit al Nadir. Le sue dimensioni sono quindi  senza misura, senza limiti: è dunque la rappresentazione del Cosmo, dell’Universo che si estende verso l’infinito azzurro. Ecco perché la Massoneria dei primi tre gradi è conosciuta anche come Massoneria Azzurra.

Il Tempio fisico tradizionalmente si stende dall’Occidente, che allude alla “manifestazione”, al Creato, fino all’Oriente, rappresentazione del Trascendente, dello Spirito Divino, il suo asse maggiore risulta essere parallelo all’equatore, quindi è “orientato” e ciò per indicare ai Fratelli la via verso la Luce.

Il Tempio massonico possiede un solo ingresso ed è senza altre aperture, è evidente  l’allusione alla “caverna iniziatica”. Al suo interno la presenza di un gran numero di simboli è da sempre motivo di meditazione ma anche di unione per i Fratelli, in quanto li accomuna nella medesima ricerca e nel contempo ne sacralizza il Lavoro. L’interpretazione di questi simboli se da una parte ci proviene dalla tradizione o per meglio dire da più tradizioni, dall’altra è affidata alla cultura, alla sensibilità ed alla capacità d’intuizione dei Fratelli, che sono lasciati liberi di spaziare, e per ciò non soltanto di accrescere conoscenza e comprensione, ma anche di affinare la propria parte intuitiva.

Le due Colonne poste subito a destra ed a sinistra dell’ingresso al Tempio ricordano  quelle  del Portico del Tempio di Salomone. La colonna di sinistra ha nome Boaz, (proavo di re David) che significa “la forza, la fermezza”. La seconda posta a destra ha nome Jakin (il sacerdote che inaugurò il Tempio di Salomone), che letteralmente vuol dire “la stabilità, che Dio l’ha fermata”. I due nomi insieme si traducono dall’ebraico: “Dio rende stabile, nella sua forza, il Tempio”. Secondo alcuni autori le due colonne del Tempio di Salomone si riferivano a Javeh, la Divinità che con la sua forza rende stabile e quindi regge il Tempio. La J iniziale di Jakin corrisponde allo Jod ed indica il maschile-attivo-solare e la B di Boaz indica la Beth il femminile-passivo-lunare, insieme simboleggiano il bipolarismo quel duale  che è caratteristica fondamentale della Natura. Infatti Jakin e Boaz corrispondono alle Sefiroth Netzah e Hod, che formano con Jesod il triangolo inferiore, alludendo così alla potenza fecondatrice di Dio che si esplica nella Natura.

Solo all’inizio del XIX secolo, in tempi relativamente recenti, le colonne B e J furono definitivamente issate, conformate e collocate nel Tempio massonico così come ora noi le vediamo, anche se la loro comparsa nei catechismi e in Loggia iniziò a far data sin dai primi anni del ‘700 in Scozia. Infatti se ne ritrovano tracce nel Catechismo del Ms. Edinburg Register House. Inizialmente furono utilizzate come emblema dei due Sorveglianti successivamente comparvero anche nei Quadri di Loggia.

La colonna Jachin corrisponde al Primo Sorvegliante e la colonna Boaz al Secondo Sorvegliante, entrambi sul loro altare detengono tuttora il simulacro della corrispondente colonna. Inoltre il fatto che le parole sacre dell’Apprendista e del Compagno corrispondono ai nomi di queste due Colonne, fa ricordare l’antica altra funzione che costruendole Hiram di Tiro diede loro; erano state fuse in bronzo(1) (18 cubiti di altezza e 12 cubiti di circonferenza, i capitelli 5 cubiti di altezza) ed erano internamente  cave, di guisa che ciascuna colonna potesse contenere il salario del grado corrispondente. Tradizionalmente i colori delle due colonne corrispondono alla rispettiva natura, Jakin viene raffigurata in rosso (sole) e Boaz in bianco (luna) ma anche in nero.

·        “Le due colonne sono di bronzo, un materiale che resiste all’usura del tempo  ,idoneo quindi a preservare intatta l’ortodossia muratoria”.



La colonna Boaz, che possiede un capitello dorico, rappresenta la Forza, che rende salda la costruzione dell’Opera, la Gloria, intesa come convergenza di suono e luce, e l’amore che sostiene i Fratelli nella edificazione del Tempio. Mentre il carattere universale della Massoneria è simbolicamente rappresentato dal globo posto sulla  sommità.

La colonna Jakin, che presenta sulla sommità un capitello corinzio, simboleggia la perfezione nella Bellezza, che irradia e rende compiuti gli architettonici lavori di Loggia, come anche allude alla perfettibilità che ogni massone deve perseguire attraverso l’Arte Reale che apprende in Officina. Le tre melagrane poste sul capitello di questa colonna simboleggiano “la moltitudine dei Fratelli sparsi nell’Universo, il loro vincolo di solidarietà e la protezione che ad essi deriva dalla scorza amara di questo frutto”. La melagrana è anche simbolo di fecondità, in quanto rappresenta “il processo biologico naturale e il tempo della maturazione del frutto per poi cadere, fecondare e rigenerare”.

Da Erodoto sappiamo che nei più antichi Templi fenici la Divinità aveva per immagine due stele. Le Colonne erano la rappresentazione, il duplice aspetto, del Principio animatore di tutte le cose: il Fuoco, che tutto vivifica, corrispondente alla Colonna Boaz ed il Vento, ovvero l’Aria che tutto avvolge, alla Colonna Jakin. I Fenici, che erano grandi navigatori, costruiranno le Colonne d’Ercole fra le due sponde dello Stretto di Gibilterra, come a disegnare i confini del mondo conosciuto.

La struttura colonnare ricorda i tronchi d’albero anticamente utilizzati per lacostruzione di Templi e di altri edifici. La colonna anticamente era anche un simbolo fallico; infatti gli antichi, vedendo che la vita misteriosamente scaturiva dall’atto sessuale, iniziarono ad usare il simbolo fallico per esprimere il mondo delle cause, la ragione prima dell’esistenza, l’espressione della capacità creativa sia dell’Uomo  che della Divinità.

Le due Colonne originano comunque dalla Tradizione come simbolo che ritroviamo nei due obelischi posti all’ingresso dei Templi e delle tombe egizie, ma che riconosciamo anche nelle due torri della facciata delle cattedrali gotiche.

Tra le due Colonne nel Tempio    massonico     scorre una terza Colonna, invisibile all’occhio fisico, in quanto priva di materia, perché spirituale, metafisica. La colonna centrale rappresenta l’energia spirituale,la Luce della Sapienza Divina ,che è presente in ogni aspetto della ”manifestazione”. Essa corrisponde alla colonnina situata sull’altare del Maestro Venerabile e che resta issata per tutta la durata dei Riti. La terza colonna quindi allude chiaramente al Maestro Venerabile ed alla sua capacità di    illuminare                i  Fratelli con la sua scienza muratoria.  Tutte e tre le Colonne sono poste specularmente all’Albero Sefirotico  ( o albero della vita)                      che trova ideale collocazione in verticale all’Oriente.

La Colonna cava è la stilizzazione estremamente sintetica dell’uomo, nella sua posizione eretta, la cui “cavità” interna acquista un pregnante significato: la privazione degli organi vegetativi sostituiti dai tesori della saggezza iniziatica. In tal modo le due Colonne sono già una prefigurazione del Tempio interiore che l’iniziato deve costruire svuotando l’interno del suo corpo da ogni pesantezza saturnina.

Insieme le due Colonne J e B alludono alla dualità fenomenica, al bipolarismo insito nella struttura ontologica della manifestazione, sono la rappresentazione della natura binaria del mondo del divenire, dove sono presenti energie contrapposte, spesso antitetiche. Nell’uomo queste devono essere dominate e riequilibrate, le spinte da conflittuali devono essere rese complementari o per meglio dire “cospiranti”, sviluppando i centri mediatori della “Via di Mezzo”.  Le due stazioni principali dell’asse verticale, partendo dal coccige, sono il cuore (Tifereth ), che sublima le energie primordiali equilibrandone le spinte, per poi giungere al centro mediatore della testa (Kether), dove la coscienza dell’uomo riacquista la propria libertà, ovvero il libero arbitrio.

Carissimi Fratelli, come abbiamo fin qui potuto rivedere insieme, il simbolismo delle Due Colonne poste all’Occidente del Tempio massonico possiede fondamentalmente due significati. Uno riguarda la visione del Tempio come espressione del Cosmo, allora le Due Colonne simboleggiano il Binario che è presente strutturalmente nel Creato: luce -  tenebra , vita-morte, ecc. ; e, nell’ambito della Cosmologia moderna, l’energia gravitazionale (terrena) e l’energia oscura (superiore); gli astrofisici infatti riconoscono nell’equilibrio fra queste due tipologie di energia cosmica, dopo il “Momento Iniziale”, la causa della continua  armonica espansione dell’Universo verso l’Infinito. La Terza Colonna allude in questa visione allo Spirito Divino, all’Immanente che pervade il Cosmo creato e che ha la funzione di riequilibrare e di rendere cospiranti le energie in contrasto fra loro.

Se invece guardiamo al Tempio come uno spazio sacro dove si riuniscono i Liberi Muratori, le Due Colonne alludono all’Uomo, all’iniziato, che lavora incessantemente per affrancarsi dalla materialità, dalla pesantezza saturnina, e ciò in quanto parte dell’Universo creato, anche l’uomo possiede, come tutte ciò che appartiene al mondo del divenire, una struttura binaria. Questa configurazione bipolare deve essere riequilibrata, la Terza Colonna qui allude a quella scintilla di divino che è presente nell’uomo; sarà per mezzo di questa sua parte divina che l’uomo può giungere al riequilibrio di quelle contraddizioni, di quelle spinte contrastanti che sono a lui connaturate essendo costituito di spirito e di materia. Mirare al perfezionamento interiore seguendo la via iniziatica tradizionale, vuol dire rinvigorire la nostra parte spirituale ricercando  e utilizzando al meglio quella scintilla di divino che è in tutti noi. Carissimi Fratelli concludo questa mia Tavola sottolineando che è proprio nella Terza Colonna, invisibile all’occhio fisico ma ben visibile all’occhio dello Spirito, che si determina l’unione spirituale fra tutti i Fratelli per realizzare insieme quella congiunzione con il Sacro, con il Trascendente, che rappresenta il fine ultimo per cui noi Massoni ci riuniamo.

Il tempio di Salomone

Il Tempio di Salomone
Una delle sette meraviglie del mondo antico, basamento del trono di Dio, centro della fede del popolo ebraico; oggi ne rimane solo un frammento, il Muro Occidentale, che ci dà però un’idea di quella che dovette essere la grandiosità dell’opera


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Tempio di Gerusalemme

Ricostruzione del Tempio di Gerusalemme al tempo del Re Erode
Alla morte di Davide, suo figlio, Salomone, decise di proseguire nell’ideazione dell’opera teorizzata da Re Davide, ovvero quella di creare un grande Tempio da dedicare al Dio d’Israele. Salomone stipulò con il Re Hiram di Tiro un contratto, in base al quale quest’ultimo avrebbe fornito i cedri delle foreste, legno da sempre pregiatissimo, unitamente a tutto il materiale necessario per la costruzione della struttura. Ci vollero non meno di tre anni solo per i preparativi della costruzione, che avvenne con la supervisione di architetti fenici, fra i quali il grande architetto Hiram; la manodopera venne reclutata fra esperti ebrei e prigionieri di guerra, questi ultimi usati soprattutto per i lavori pesanti, come lo squadramento e il taglio dei blocchi di pietra che avrebbero fatto parte della base del Tempio. Il luogo scelto da Salomone era la sommità del monte Moriah, spianata per l’occasione.
Dopo oltre sette anni, l’avveniristica costruzione era pronta, in attesa di essere consacrata a Dio; Salomone aveva deciso di erigere il Tempio in onore di Dio anche per custodirvi l’Arca dell’Alleanza, nella quale erano custodite le Tavole della Legge, quelle che Dio in persona aveva scolpito nella roccia per darle a Mosè e al Suo popolo, e che avevano sancito l’alleanza tra Israele e Lui. Per l’Arca era stato costruito un alloggiamento specifico, il Sancta Sanctorum, il Santo dei Santi, il posto il cui accesso era consentito solo a Salomone e al Gran Sacerdote, che poteva visitare l’Arca solo nel giorno dello Yom Kippur, pronunciando il Tetragramma Sacro, il nome di Dio in ebraico. All’interno, in un pozzo ancor più profondo, era stata posta la Even shetiyyah, o anche la pietra su cui Dio aveva fondato il mondo, oltre ad un contenitore con la sacra manna, con cui Dio aveva sfamato Israele dopo la fuga dall’Egitto e la verga di Aronne, il portavoce di Mosè presso il Faraone d’Egitto.
Il Tempio era considerato il basamento del trono di Dio, e la parte più importante era lo spazio vuoto (prima la parte del coperchio dell’Arca dell’Alleanza delimitata dalle ali dei serafini che vi erano scolpiti, poi il Sancta Sanctorum) ch’era il luogo dove Dio appoggiava i piedi.
La costruzione, ultimata, era possente e bellissima; al posto detto cortile dei sacerdoti, usato per i rituali sacri, si aggiungeva la corte, che delimitava tutto il Tempio, affollata da migliaia di fedeli. Oro e argento abbondavano; erano d’oro per esempio tutti i bracieri e i candelabri che illuminavano la grande costruzione, che era perennemente avvolta in una nube d’incenso. L’altare principale era in bronzo massiccio, di presumibile fattura e ideazione fenicia; il suo costruttore, il grande Hiram, aveva progettato il Tempio in maniera funzionale, sugli schemi di altri templi esistenti in Medio Oriente; come racconta Erodoto, all’interno vi erano due colonne in oro massiccio tempestate di smeraldi, chiamate Jachin e Boaz; altre decorazioni ricordavano le palme del giardino dell’Eden. Nel complesso era una struttura meravigliosa, tanto che Hiram, il suo costruttore, divenne il «patrono» di tutti coloro che si ispirarono al Tempio di Salomone per i loro riti esoterici, specialmente i massoni. L’identificazione del posto dove sorgeva il Tempio è stata collocata sulla spianata sulla quale sorge, oggi, il tempio di Omar. La bellezza del Tempio, unitamente al suo fortissimo valore sacro, alla grandezza dei tesori profusi, alla presenza della sacra Menorah d’oro e dell’Arca dell’Alleanza, ne faceva il fulcro della vita spirituale degli Ebrei e di Israele.
Così, i numerosi nemici di quel popolo, nel corso dei decenni successivi pensarono di minarne la fede e l’unità distruggendone il luogo sacro per eccellenza, il Tempio e il suo Sancta Sanctorum. Soshenq, Faraone Egiziano, che aveva con sé milleduecento carri e sessantamila cavalieri, saccheggiò la capitale d’Israele ed altre città e fortezze come Rehov, Megiddo e Hazor. Il Faraone in seguito citò queste sue conquiste sulle iscrizioni di un monumento nel tempio di Amun a Karnak, dove si trova attualmente la città egiziana di Luxor, probabilmente attorno al 925 avanti Cristo, quindi più o meno cinque anni dopo la morte di Re Salomone. Il colpo decisivo lo dette Nabuconodosor II, il Re Babilonese, che nel 607 avanti Cristo, conquistò Gerusalemme e depredò il Tempio asportandone tutti i tesori che furono portati a Babilonia.
La storia del Tempio però non finisce qui.
Nel 515 avanti Cristo venne restaurato, pur con sostanziali modifiche; Erode il Grande contribuì poi a riportarlo in discrete condizioni attorno al 19 avanti Cristo. Il nuovo Tempio ovviamente non poteva rivaleggiare con quello di Salomone: a parte le distruzioni estese fatte dalle truppe del Re Babilonese, mancavano tutti i tesori fondamentali asportati: l’Arca dell’Alleanza, il bastone d’Aronne, la sacra manna, le colonne d’oro erano spariti per sempre, e di loro non si sarebbe trovata più traccia. Nel 70 dopo Cristo Tito, Imperatore Romano, intervenne a Gerusalemme per stroncare l’ennesima rivolta contro i Romani; l’azione fu spietata e radicale. Il Tempio venne completamente distrutto, raso al suolo (si salvò solo il Muro Occidentale, oggi conosciuto come Muro del Pianto); i pochi tesori rimasti, fra i quali una nuova Menorah in oro massiccio, vennero depredati e portati a Roma. Peggior sorte toccò alla popolazione. Molti furono uccisi, molti vennero trasportati a Roma in catene. Era la diaspora, che fu completata dall’Imperatore Adriano, nel 135 dopo Cristo, che completò la distruzione della città e l’allontanamento dei pochi rimasti.
Dieci secoli dopo, nella zona in cui c’erano i resti dell’antico Tempio di Salomone, un Re Cristiano, Baldovino II, successo a Goffredo di Buglione, concesse ai Poveri Cavalieri di Cristo, come quartier generale, un’ala del monastero fortificato di Nostra Signora di Sion, accanto a quello che era stato il Tempio di Salomone.
Era nato l’Ordine dei Templari, che prese il nome proprio dalla zona di insediamento in Gerusalemme, il Tempio di Salomone.

lunedì 29 ottobre 2018

Essere e divenire

                                                                 maglietto e compasso
                                                                tavola posta da un Gran Maestro 33°

                Da una relazione fatta da un fratello  in una loggia massonica
                   ci siamo  permessi di inserire questa tavola perché fa onore al fratello che l'ha scritta e porta a conoscenza del mondo esterno i lavori di pensiero che vengono  svolti all'interno delle logge  massoniche. intendendo,  così, per il futuro, di pubblicare altri scritti che pur nell 'anonimato  degli autori  siano   degne di pubblicazione.
Quando alcuni giorni fa, il nostro Maestro Venerabile mi chiese di tracciare una Tavola su “Essere e Divenire”, non vi nascondo che sono stato preso inizialmente da una sorta di smarrimento. L’argomento, anzi gli argomenti, sono tosti, molto alti, investono la filosofia sin dall’antichità, ma anche la psicologia e la teologia. Allora ho compreso l’intendimento del M.V., questa Tavola non deve essere e non sarà una ricerca, una dissertazione ampia sul concetto di Essere e sul concetto di Divenire, proveremo invece a capire come questa Tavola, con un siffatto tema, possa inserirsi in un contesto esoterico ed iniziatico come quello della nostra Officina e, nel contempo, possa armonizzarsi con le tracce dei discorsi e dei ragionamenti fin qui svolti dai Fratelli in Loggia.
Penso che a tutti, com’è successo a me, sono venuti in mente Parmenide ed Eraclito, i due grandi filosofi dell’antichità che tanta influenza hanno esercitato nella storia del pensiero occidentale.
Tutti ricordiamo il “panta rei” di Eraclito, tutto scorre, diviene, si trasforma, lui pensava che mai uomo si sia immerso due volte nelle stesse acque di un unico fiume. Il Logos, cui si appellava questo filosofo, è “la ragion d’essere” delle cose, anima e vita il Logos è l’armonia segreta dei contrari. Seppure tutto si trasformi incessantemente, il risultato finale è un ordine universale, che nasce fondamentalmente dal conflitto fra Luce e Tenebra. Il Logos è Luce-Fuoco in un continuo divenire dal Nulla-Tenebra. Qui il concetto del divenire riguarda tutta la realtà.
L’Essere per Parmenide “è”, è immobile, immutabile ed eterno, è ingenerato e necessario: l’essere non può non essere. Se l’Essere è, non può essere non-essere, in altre parole non può accadere che non sia, questo è il principio di non contraddizione che sta alla base della logica.
Con Platone e i neoplatonici nascono i concetti di mondo sovrasensibile e del sensibile; vera realtà esistente, mondo dell’Essere, il primo, ombre e illusione di realtà, mondo del divenire, il secondo. Aristotele definisce come “filosofia prima”, che poi chiamerà metafisica, la scienza che studia l’essere in quanto essere, ed introduce il concetto di “sostanza” che, nel caso dell’essere, è l’esseità, la sostanza è essere in sé, non abbisogna d’altro per essere.
Nel soggettivismo moderno di Cartesio, si distingue l’essere formale, che esiste indipendentemente dal pensiero umano che lo riguarda, e l’essere obbiettivo che, contenuto nella mente, è rappresentativo di una “cosa” nel pensiero di qualcuno, cioè un’idea mentale. In entrambi i casi, ci si trova di fronte al soggetto che pensa l’essere. Cartesio sposta in tal modo la questione, il punto non è, come nella metafisica classica, dimostrare l’esistenza dell’essere, bensì il rapporto che il pensiero degli uomini ha con l’essere: non solo il “cogito ergo sum”, ma anche se questo rapporto sia di esteriorità o di interiorità.
L’essere è la categoria da cui inizia la logica di Hegel, per questo filosofo  l’Assoluto è essere, pensato nella più completa astrazione: solo essere. Pertanto l’essere è identico al “nulla”, mi sovviene qui l’Ain Soph (il Nulla) della Cabala che, non potendosi esprimere nel limitato mondo fisico, si esplicita per mezzo delle sue dieci Sephiroth.
Ma lo stimolo alla speculazione ontologica della categoria dell’essere, come esistenza dell’uomo moderno, ci giunge da Shakespeare con il “to be or not to be” (essere o non essere), che rappresenta quel passaggio, nel corso della vita umana, nel quale l’uomo si ritrova solo, sperduto nel severo flusso del mare del tempo. Amleto come Dante, perso nella “selva oscura”, sente il bisogno di un approdo, di un riparo sicuro, ma soprattutto avverte la necessità di dare un senso al “viaggio” del vivere. Il giovane principe, nel famoso monologo, indaga negli abissi del suo intelletto, ragiona sui motivi per cui vale la pena vivere, pur soffrendo dolorosamente le ingiustizie inflitte dal destino, e riflette se combattere, vivere la vita (essere), abbandonarsi al sogno, vegetare (dormire), o rinunciare alla vita (non essere).
Dante, in quanto iniziato, viene fuori dalla “selva oscura” attraverso un percorso alchemico di catarsi e di spiritualizzazione, la via umida, che lo porterà alla salvezza e alla deificazione.
“Uno è il Tutto, e per mezzo suo il tutto, e verso di lui il tutto: se il tutto non contenesse il tutto, il tutto sarebbe nulla”(Ermete Trismegisto, Codice Marciano)
Questa è l’idea di fondo dell’ermetismo, non è un concetto filosofico, essa ci dice che l’uomo è parte di un Tutto-Uno, dal quale procede e verso il quale tende a ritornare. Questo concetto porta di là dell’antitesi fra materiale e spirituale, fra mondo e sovramondo. Ecco perché Zaccaria può così affermare: ” Se diciamo spirituale la nostra materia non mentiamo. Se la dichiariamo celeste, è il suo nome vero. Se la diciamo terrestre, diciamo con esattezza”.
I concetti di Essere e di Divenire per gli iniziati, che incessantemente percorrono la via iniziatica, assumono un significato altro, profondo, che va aldilà delle categorie filosofiche, che abbiamo sommariamente citato in questa Tavola. Il Cosmo è ordine, armonia e bellezza, perché governato dall’Anima Mundi. Lo Spirito pervade ogni parte del mondo materiale, anche nell’uomo vi è questo Spirito divino. L’Essere, con tutte le sue caratteristiche, è in noi, in tutti gli uomini. L’uomo essere intellettuale, a differenza della materia bruta, può prendere coscienza di questa presenza nel proprio Sé. Lo strumento è come sappiamo il V.I.T.R.I.O.L., che ci permetterà quella trasformazione, quel Divenire del nostro essere, alla ricerca della nostra essenza: del nostro Essere.








venerdì 26 ottobre 2018

Immagini e racconti sulla via della seta   Quadretto n° 1
Dal deserto del  Shara in Persia Da Kabul in India

quadretto  n° 2
quadretto n° 3
quadretto n° 4 arrivo a Kiva

Tutti i quadretti sopra esposti sono opere del pittore uzbeko di nome Firuz