L'illuminismo e l'autonomia del panorama urbano
Il Vedutismo è un genere pittorico fiorito nella seconda metà del Seicento in Olanda e presto diffuso in Italia, dove conobbe particolare sviluppo nel XVIII secolo; esso dà vita a raffigurazioni degli scorci architettonici e scene di vita di città dal glorioso passato storico come Venezia e Roma. Accanto alla scena di genere o ambientale e al ritratto, l'altra tipica specializzazione settecentesca, particolarmente diffusa a Venezia, è appunto la veduta.
Non è la prima volta che la pittura italiana tratta, oltre ai temi tradizionali, quello della veduta naturale. Fin dall'epoca del tardo medioevo a tale genere appartengono i paesaggi senesi di Ambrogio Lorenzetti, dove, tuttavia, più che di panorami, si può parlare di cartografie colte sinteticamente. Nel Seicento troviamo paesaggi idealizzati, classicheggianti ed eroici.
Il senso della natura ( come luogo in cui l'uomo vive ) e della città ( come ambiente sociale ) è piuttosto insito nella concezione rinascimentale, fiorentina in generale e veneziana in particolare. Basti ricordare le ambientazioni cittadine di Gentile Bellini e del Carpaccio; quelle naturalistiche di Giovanni Bellini e del Giorgione, cui potremmo aggiungere quelle di Tiziano e di Sebastiano del Piombo. In questi casi tuttavia, la città e la natura, sebbene assumano nel quadro un ruolo non secondario, servono come scenari per il fatto narrato dal pittore.
Soltanto nel Settecento la «veduta», indipendentemente dalla presenza attiva dell'uomo, diventa protagonista.
Il contesto culturale che determina il nuovo indirizzo è l'ideologia illuminista, che cerca di capire attraverso i lumi della ragione le logiche organizzative, sociali ed economiche della società in cui siamo inseriti.
● Caratteristiche della veduta. Il contributo tecnico della camera ottica
https://elioarte.blogspot.com/2010/08/la-camera-ottica-di-canaletto.html
La veduta è un documento oggettivo di luoghi o eventi storici, richiesto sia dalla committenza locale, sia dai visitatori stranieri, particolarmente in città come Roma, che esercita una straordinaria attrazione per la vita presente e per le vestigia del passato, e Venezia per lo straordinario fascino della sua bellezza e per il fasto delle sue cerimonie. Sono visitatori illuminati che, dallo studio accurato delle più importanti città italiane, traggono nutrimento culturale e ai quali i quadri, che rappresentano i vari aspetti di vita sociale di cui sono stati testimoni, servono a ricordare le loro stesse osservazioni. Come caso esemplare si può citare Goethe, che, ormai sulla fine del secolo, durante il suo viaggio in Italia, disegnava lui stesso alcuni panorami.
Le immagini degli scorci urbani sono anche richieste da chi, non potendo affrontare un lungo viaggio, desiderava ugualmente conoscere, almeno attraverso la rappresentazione pittorica, luoghi tanto famosi.
Si tratta di vedute per lo più scrupolosissime. Anzi, per ottenere maggiore verità di quanta non possa restituirla l'occhio umano, ci si serviva di uno speciale apparecchio, la «camera ottica», uno strumento ( conosciuto fin dai tempi più antichi ) che, come avviene nella camera oscura, facendo passare all'interno, mediante un piccolo foro, i raggi della luce, permetteva di proiettare l'immagine della realtà sulla superficie opposta, dove appariva capovolta e sfocata; raddrizzata e resa nitida con lenti e specchi, essa, riflessa su uno schermo di carta oleata o su un vetro smerigliato, veniva ricalcata dall'operatore. Ne è ammiratore entusiasta, fra gli altri, Francesco Algarotti
Camera ottica (da Jombert, Méthode pour apprendre le dessin, 1755).
Si tratta di un apparecchio a operatore interno, nel quale il disegnatore infilava la testa sotto una cortina di panni scuri per scorgere e ricalcare direttamente l'immagine nei suoi tratti fondamentali, annotando le zone di luce, di ombra e le tonalità del colore fondamentali, completando poi in studio la realizzazione. E questo, probabilmente, lo strumento di cui parlano con entusiasmo molti scrittori dell'epoca come Francesco Algarotti
( da P. Adorno, L'arte italiana, D'Anna, 1998,Vol.III/I, p.103 )
Gli esiti delle rilevazioni della camera ottica sono comunque appunti, schizzi, successivamente rielaborati e dipinti in studio: scaraboti, ossia scarabocchi, li definiva il Canaletto, il quale aggiungeva in essi anche notazioni riguardanti il colore o le eventuali distorsioni causate dalla camera.
La «camera ottica» non è certo delegata ad annullare la personalità dell'artista. Essa è uno strumento necessario, nella concezione illuminista, per riscoprire l'oggettività razionale della prospettiva, dopo che il virtuosismo scenografico barocco con le sue scenografie illusionistiche aveva impedito un esame ordinato della realtà ambientale. Il razionalismo settecentesco, ristudiando da capo le leggi prospettiche, ne verifica la validità con l'uso della macchina e offre una qualche certezza sulle modalità percettive dell'occhio umano, capaci di dar vita allo spazio figurativo prospettico, pur senza escludere alcune deformazioni dovute alle aberrazioni ottiche.
● L'ambiente veneziano. La produzione di CarlevarijsLuca Carlevarijs (talvolta anche Carlevaris) (Udine, 20 gennaio 1663 – Venezia, 12 febbraio 1730) è stato un pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.
Fu influenzato da Gaspar van Wittel ed è considerato il precursore del Canaletto e degli altri vedutisti veneziani e di canaletto
Canaletto veduta del Palazzo Ducale |
La consuetudine del grand tour potenzia del resto tutta la produzione e il mercato delle vedute, dipinte e incise. Tra le tappe d'obbligo dei viaggiatori stranieri c'è anche Napoli, sia per le bellezze del golfo e del paesaggio, sia per gli scavi delle vicine Ercolano e Pompei. Artisti stranieri e italiani scelgono Napoli e i suoi dintorni per i loro dipinti, dando il via a una scuola e a un genere che avrà larga fortuna e sviluppo nel secolo successivo.
A Venezia si ha tuttavia l'espressione più nota del vedutismo italiano, anche per la larga fortuna ottenuta all'estero.Oltre al Canaletto e a Luca Carlevarijs, altri ricercati vedutisti furono Bernardo Belletto, Michele Maneschi e Francesco Guardi. L'ambiente veneziano si caratterizzò per una pittura attenta ai particolari minuti e reali desunti dal modello vanvittelliano già sul finire del Seicento. Dall'incontro con van Wittel, avvenuto a Roma alla fine del XVII secolo, uscì ad esempio modificata la pittura del veneziano Luca Carlevarijs e nacque nel 1703 il suo famoso album di incisioni . Anche per il giovane Canaletto fu importante la conoscenza, avvenuta a Roma, del vedutismo vanvitelliano.
https://elioarte.blogspot.com/2009/06/lieto-e-il-nocchiero-quando-ritorna-in.html
Luca Carlevarijs, Partenza del Bucintoro dal bacino di San Marco, 1710
Osservando attentamente molti dipinti dei vedutisti veneziani, pur riconoscendo immediatamente i palazzi, i campielli, le chiese, i canali, le Scuole di Venezia, si è spesso colpiti da una strana sensazione: quella di non aver mai visto quegli edifici e quegli scorci della città raffigurati nelle opere. O meglio, di non averli mai visti in quel modo. In realtà quegli ambienti non sono osservati dal punto di vista o con gli accorgimenti previsti dalla rappresentazione pittorica. Ad esempio non abbiamo mai potuto abbracciare con lo sguardo centottanta gradi del bacino di San Marco, né osservare l'intera facciata delle Procuratie Nuove, contemporaneamente alla chiesa di San Marco e all'ala napoleonica.
Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto, è il più famoso pittor di vedute del Settecento. Nei suoi dipinti non si avverte il disfacimento inarrestabile di Venezia e tutto assume una dimensione fantastica irreale nella conquista della prospettiva atmosferica. Lo stile di Canaletto che si svolge nell'ambito del vedutismo veneto, iniziato nel sec. XVII da pittori stranieri e già portato a grandi risultati dalla pittura di Marco Ricci e Carlevarijs.
Esso in una prima fase realizza alcune serie di capricci sul modello di quelli creati dal Ricci, spesso utilizzati come bozze di scenografie teatrali, in un'attività che lo vede affiancato al padre Bernardo. Questa produzione si arresta attorno al 1720.
L'autentico vedutismo del Canaletto si esprime attraverso una documentazione precisa dell'ambiente, colto nelle infinite sfumature della luce distese sui cieli e sulle acque. Se le prime opere del 1723 -24 conservano ancora in parte i toni bruni e scuri, tipici delle scenografie di Marco Ricci ( Il Rio dei Mendicanti, 1724 - 1725 ), a partire dalla seconda metà degli anni Venti trionfa una nuova luminosità atmosferica , che connoterà il suo vedutismo, consentendogli di affermarsi sul Carlevarjis ormai meno ricercato dai committenti stranieri. A questa fase appartiene senz'altro il gruppo di vedute datate 1729 - 1738.
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