auto antiche e moderne

venerdì 29 gennaio 2021

Arte Concettuale

 

L'Arte concettuale

Apparsa in Europa intorno agli anni 1960, si opponeva alle forme d'arte fino allora conosciute, che venivano giudicate ed apprezzate dalla società contemporanea, in base alle qualità dell'opera stessa e nella sua capacità di suscitare emozioni.

Gli artisti appartenenti a questa nuova corrente, sostenevano che l'arte non risiede nell'aspetto delle opere realizzate, ma nell'idea, nella parola o nel pensiero percorso per realizzare tale opera.

Le premesse più dirette dell’atteggiamento concettuale possono essere individuate soprattutto in alcuni movimenti in via di definizione già negli anni 1950 e agli inizi degli anni 1960: il New Dada e la Minimal Art.

I


venerdì 22 gennaio 2021

elioarte blog di Buggè Elio


 

a famiglia Bugge e le sue origini

Araldica norvegese


Famiglia BUGGE
Araldica italiana.

Le informazioni in questo documento sono raccolte da:
Nordlandsslekten Hveding, da Johan Hveding (Oslo 1944), Familien Kjerschow, Elisa Tandberg (Oslo 1940), Slægten Bugge, PWB. Bondesen (Nyborg, Danimarca 1910), Valdresslekten Bugge, legatura XXX S. 59f di G.A.K. Bjørkset (Fagernes 1961), di NST e le informazioni da Stein Rune Jakobsen, basato sul libro Slekten Bugge i YtreSogn, da Inger Kelmer e sul bakgrunn del danske di Brønnøy-slekten Bugges del libro, da Magnus Mardal.
Tutte le fonti sono in norvegese o in danese.
Ciò che segue proviene dal libro del Bondesen, pagine 39-40 e 121-123, con l'eccezione di alcune correzioni dal libro del Bjørkset.
- “Nelle battaglie per libertà, contro la violenza e la difficoltà le spade e gli scudi dei Bugge furono utilizzati Ma gli scudi e le armi sono stati sepolti,ed il nome è sparito con il castello e l'oro.Tuttavia, dalla muffa sono rinate ancora le piante.Le rose dei Bugge non sono mai morte.Sulle montagne hanno continuato a fiorire E ci hanno dato i molti uomini nobili.Con la spada dello spirito e lo scudo della fede .Per libertà del cuore, contro la violenza nemica hanno continuato la lotta e successivamente più volte hanno vinto castelli e tesori, e non sono mai spariti .Dio vuole, che i Bugge, generazione dopo generazione,camminino sempre nel nome di Cristo in modo che essi mai spariscono né brucino,ma fioriscono qui per sempre nel nome dl Dio.-“
Il nome Bugge (pronunciato “boo-gee„) ha una storia molto antica nella regione nordica.
Già ai tempi del den Raske (Fridlev il rapido) e Frode Fredegode (Frode di Fridlev il pacifico (?)) veniamo a contatto dei Bugge in Skåne e in Halland, che facevano parte allora della Danimarca ma ora fanno parte della Svezia.
Colloqui di Saxo Grammaticus così di un capo locale che era uno del Halland Bugges e che è caduto a Hvirvelshavn a Sjælland in un duello con il re Fridlev il rapido.
Hvirvelshavn è il Bisserup attuale nella baia di Vordinborg in Danimarca.Inoltre, in Jylland il nome Bugge ha una storia lunga.A Højene vicino a Glenstrup, non lontano da Hobro, c’ era un sig. Turild Bugge, “il Tassa-Re,„ con la sua famiglia. “Da lui che il nome Bugge cristiano ha iniziato,„ esso è dichiarato da Klevenfeldt.            https://www.heraldrysinstitute.com/lang/it/cognomi/Bugge/idc/760132/

giovedì 21 gennaio 2021

Leonardo Dudreville

 Leonardo Dudreville (Venezia4 aprile 1885 – Ghiffa13 gennaio 1976) è stato un pittore italiano, fra gli iniziatori del movimento artistico del Novecento nel 1922 a Milano.[1] Fu esponente di spicco 

dell'iperrealismo italiano durante il ventennio.

Nato da una famiglia di origine francese (il nome della famiglia Dudreuil verrà successivamente trasformato in Dudreville). Rimasto cieco da un occhio all'età di nove anni giocando con una balestra, nel 1902 troncò gli studi classici a cui il padre magistrato lo aveva avviato, dichiarando di voler fare il pittore.

Si trasferì ben presto a Milano dove compì i suoi studi presso l'Accademia di Brera: qui venne in contatto con l'ambiente divisionista lombardo che influenzò fortemente la sua opera lungo il corso del suo primo periodo artistico.

Nel 1906 si recò a Parigi con Anselmo Bucci e lo scrittore Mario Bugelli. Insoddisfatto vi restò solo per pochi mesi, per poi di tornare in Italia e stabilrsi per qualche tempo a Borgo Taro nel Parmense, dove eseguì il dipinto più noto di questa fase giovanile: Mattino sull'Appennino , esposto nel 1908 alla Promotrice di Torino e in seguito acquistato dal mercante Alberto Grubicy (oggi esposto alla Galleria Nazionale d'arte moderna di Roma).

Nel frattempo si accostò all'avanguardia futurista. Pur non aderendo al movimento, si interessò al concetto di ritmo e al suo rapporto con il colore, fondando il gruppo "Nuove tendenze". La sua posizione teorica in quegli anni era fondata su una corrispondenza tra stato d'animo e colore.

Conobbe, inoltre, Boccioni e i futuristi, ma non venne incluso tra i firmatari del loro Manifesto.


Nel 1919 Dudreville decise di abbandonare l'astrattismo per ritornare ad una figurazione classica ed iperrealista: "Idee chiare, chiaramente espresse" da questo momento divenne il suo motto. Alla base di questo radicale cambiamento ci fu la parentesi di guerra vissuta tra il 1915 e il 1918 (a cui Dudreville non partecipò in quanto riformato) che rappresentò per il pittore una crisi artistica destinata a rivoluzionare il suo modo di concepire l'arte.

Nel 1920 firmò il Manifesto contro tutti i ritorni in pittura e nel marzo 1921 partecipò alla mostra berlinese del gruppo di Valori plastici.

Intanto si era avvicinato al cenacolo di Margherita Sarfatti: alla fine del 1922 aderì al gruppo che si riuniva presso la galleria Pesaro con il nome Sette pittori del '900 con Bucci, Funi, G. E. Malerba, P. Marussig, U. Oppi e M. Sironi. Fu tra i fondatori del movimento Novecento e con il gruppo espose nel 1924 alla Biennale veneziana.

La sua partecipazione al gruppo era però limitata (se ne distaccherà nel 1924) e si espresse in una oggettività fiamminga, vicina alla Neue Sachlichkeit tedesca.

Nel 1926 rifiutò gli inviti di Sarfatti di entrare a far parte del comitato del Novecento italiano definendo "fiamminga" la sua pittura. Con questa definizione intese sancire la sua distanza dagli aspetti trionfalistici e storicistici che rimproverava ad alcuni artisti del secondo Novecento italiano[2].

Negli anni Trenta l'artista proseguì appartato la sua ricerca, esponendo alla Quadriennale di Roma e a due personali milanesi (Galleria Dedalo, nel 1936 e Galleria Gian Ferrari nel 1940).


Nel 1942, volendo sfuggire ai bombardamenti, abbandonò Milano e si rifugiò a Ghiffa sul lago Maggiore.

Qui restò il resto della sua vita (morì nel 1976) dedicandosi, oltre che alla pittura e alla musica, alla stesura di memorie e testimonianze, alla lettura, alla caccia e alla pesca, alla costruzione di barche.



Autoritratto del pittore
Natura Morta

Natura morta con Pernici
Bosco  Firmato e datato 1940




mercoledì 20 gennaio 2021

Angelo Inganni

 

Nato a Brescia nel 1807, il giovane Angelo Inganni viene avviato alla pittura, insieme al fratello maggiore Francesco, nella bottega del loro padre. Iniziano così a lavorare a dipinti a soggetto sacro, commissionati al padre e destinati a chiese della campagna bresciana.

Nel 1827 è chiamato alle armi, svolge il servizio nel battaglione Cacciatori a Milano e nei momenti di libertà dipinge vedute con caserme. È notato dal maresciallo Radetzky che gli chiede un ritratto. Soddisfatto dell'opera, Radetzky lo dispensa dal servizio militare e procura perché sia iscritto all'Accademia di Brera, dove Angelo Inganni si forma sotto la guida di Giovanni Migliara e di Francesco Hayez. Espone alle mostre annuali dell'Accademia tele con paesaggi.

Il laghetto di San Marco, ora coperto, a Milano, in un dipinto di Inganni del 1835

Apre uno atelier a Milano, in via San Marco e in breve tempo Angelo Inganni    diviene uno dei vedutisti più noti del XIX secolo. Le committenze gli arrivano dalla nobiltà e dalla borghesia del Lombardo Veneto, ma anche da Vienna. I suoi panorami sono realistiche vedute di cittadine lombarde, con belle prospettive e molte figure, soprattutto popolani, rappresentati come macchiette, nelle loro occupazioni quotidiane: questo modo di dipingere la realtà cittadina è in chiara antitesi con il mondo rigido del neoclassicismo e prelude al Romanticismo.

Angelo Inganni possiede occhio attento ai particolari e mano felice e veloce nel dipingere. Le sue tele sono anche una documentazione visiva della Milano del suo tempo. Nella sua attenzione alla realtà, sa cogliere anche luminosità notturne, giornate gelide invernali, scenette nella strada.

Nei primi anni quaranta del XIX secolo torna più volte a Brescia ed espone al locale Ateneo. Soggiorna a Gussago - dove è ospite di Paolo Richiedei - e dipinge tele ispirandosi a scene di vita contadina. Nel 1845 inizia ad affrescare la Chiesa di San Marco a Milano e più tardi la cupola di San Carlo al Corso a Milano, un lavoro che concluderà nel 1865.

Rimasto vedovo della prima moglie, si trasferisce a Gussago dopo gli anni cinquanta, rinunciando talvolta ad essere presente a mostre milanesi. Si sposa con una sua allieva, divenuta poi sua amanteː la pittrice francese Amanzia Guérillot. Dipinge altre scene di vita contadina e vedute notturne. Nel 1853 prende parte ad un'esposizione a Parigi. È nuovamente presente a mostre milanesi nel 1874, con sue vedute di Milano e di Brescia.







                                                                   










Contadini  Lombardi di Angelo Inganni 
olio su tela cm 69 x90  aggiudicato per € 31.000 in asta  314 il Ponte Milano lotto 129


domenica 17 gennaio 2021


 la loggia degli Ossi in piazza  Mecanti   Milano


L'edificio ha una fronte gotica porticata e loggiata; insolitamente per lo stile gotico milanese, ha un paramento a fasce marmoree bianche e nere, proprio più del gotico genovese, forse in onore della nuora di Matteo I Visconti Valentina Doria che sposò nel 1318 Stefano Visconti.

La facciata si presenta aperta, con due loggiati sovrapposti ed una serie di trifore all'ultimo piano, che accolgono le statue. Lungo il parapetto della loggia superiore (al centro del quale sporge l'arengo da cui si bandivano gli editti), corre una fascia con gli emblemi araldici dei rioni (che prendevano il nome dalle sei porte storiche) della città, quelli della città stessa di Milano e gli stemmi viscontei.

Le statue sono opera in parte di Maestri Campionesi - in particolare Ugo da Campione, assieme al figlio Giovanni - e di maestri toscani. Furono realizzate al momento della costruzione dell'edificio, all'incirca nel secondo decennio del XIV secolo.