auto antiche e moderne

giovedì 30 settembre 2010

Mostra "LA VOCE DELLE IMMAGINI" dal 30 settembre al 22 ottobre, Foyer dell'Auditorium Parco della Musica, Roma


La sera del primo ottobre 1950 iniziarono le trasmissioni del Terzo Programma radiofonico.
Il primo ottobre 2010 Radio3 compie dunque 60 anni. In virtù della collaborazione da tempo avviata, Radio3 RAI e Fondazione Fotografia (progetto promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena) con Fondazione Musica per Roma hanno deciso di celebrare questa importante ricorrenza con "La voce delle immagini", una mostra dove suoni e immagini si incontrano negli spazi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma.
Sette gli autori coinvolti, tra i maggiori protagonisti della fotografia italiana contemporanea: Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Vittore Fossati, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Walter Niedermayr e Francesco Radino.
A ognuno di loro stato chiesto di prestarsi a questo "esperimento" presentando una selezione di immagini e un brano audio appositamente individuato, capaci insieme di ricreare una particolare condizione di ascolto: immagini ispirate da musiche, suoni o da specifiche parole, oppure composizioni sonore che sembrano ricalcare le forme stesse delle fotografie, collocabili sulla medesima lunghezza donda come due voci in controcanto. Ve li presentiamo :

Gabriele Basilico (Milano 1944) inizia la sua ricerca a fine anni '70, facendo dellarchitettura urbana e industriale l'oggetto primario del suo lavoro.
A partire da met anni 80 - periodo della sua partecipazione al prestigioso progetto di committenza pubblica della Mission Photographique de la DATAR -inizia a dare forma a quello che diventer uno dei concetti fondamentali del suo fotografare: quello della "lentezza dello sguardo", atteggiamento contemplativo dilatato col quale l'artista osserva, percepisce e ordina il paesaggio contem-poraneo.
In mostra Gabriele Basilico presenta i 12 dittici della serie Contact, realizzata nel 1978 utilizzando una pellicola Polaroid bianconero PN55 a sviluppo istantaneo. Il brano d'ascolto indicato dall'autore un assolo di percussioni del batterista soul Max Roach.

Vincenzo Castella (Napoli 1952) avvia la sua carriera fotografica a metà anni settanta, rivolgendo l'attenzione alle trasformazioni del paesaggio contemporaneo e ai cambiamenti dell'immaginario collettivo ad esso collegato. Le ampie vedute che dagli anni novanta caratterizzano il suo lavoro prendono in esame i diversi concetti di "distanza" e "dislocazione": privo di intenti narrativi, il suo sguardo sulla realtà è oggettivo, neutrale, ma mai distaccato; capace di cogliere tutti i fenomeni in essa contenuti, rimanda a una pluralità di voci, sguardi e immagini differenti, conducendo a una lettura
progressiva dell'ambiente urbano.
Tra le recenti esposizioni, ricordiamo le personali presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Guarene d'Alba, l'Amsterdam Centre for Photography (2003), il Teatro Armani di Milano (2004), il Palazzo Reale di Napoli (2005), Art Unlimited - Art Basel, la Biennale d'Arte di Tirana (2009), Paul Andriesse Galerie di Amsterdam, la Galleria Fucares di Madrid (2009), Studio La Citt di Verona (2010).

Vittore Fossati (Alessandria 1954) si avvicina alla fotografia alla fine degli anni settanta, strutturando la sua ricerca sul significato stesso del guardare e sui diversi meccanismi visivi che determinano il nostro approccio con la realtà e modulano al contempo la lettura che ne riportiamo. Spesso rivolte al paesaggio - allestito oppure "trovato" - le sue immagini svelano collegamenti e rimandi inattesi, in un dialogo tra elementi che, accostati e riordinati attraverso la fotografia, danno luogo a nuovi percorsi possibili.
Tra le esposizioni che hanno presentato il suo lavoro, ricordiamo le personali presso la Maison Valdtaine de la Photographie di Aosta (1998), il Museo La Specola di Firenze (2000), il Museo Esenin di Tashkent (2002), la Galleria d'Arte Moderna di Bologna (2003), il CeSAC di Caraglio (2004), i Chiostri diSan Domenico di Reggio Emilia (2007), il Castello Sforzesco di Milano (2008).

Luigi Ghirri (Scandiano 1943 - Roncocesi di Reggio Emilia 1992) inizia la sua carriera fotografica nei primi anni settanta. Aperta e molteplice, la sua opera concepita come un mezzo di relazione dialettica, affettiva e conoscitiva, con la realtà: a interessarlo sono gli oggetti, i luoghi, i paesaggi, le persone,cosi come l'interazione che essi creano con quanto li circonda. Quella di Ghirri è una fotografia che documenta e che riflette al contempo sulla documentazione, che narra svelando i meccanismi della narrazione, sempre al confine tra realtà e immaginazione, tra attualità e memoria.
Tra le maggiori mostre dedicate al suo lavoro, ricordiamo quelle organizzate al Museo Nicphore Nipce di Salon-sur-Sane (1990), alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna (1993), ai Rencontres Internationales de la Photographie di Arles (1996), al Palazzo Magnani di Reggio Emilia (2001), alla Moscow House of Photography (2004), al Museo Scavi Scaligeri di Verona (2006), all'Aperture Gallery di New York (2008).

Mimmo Jodice (Napoli 1934) lavora attivamente nella fotografia dai primi anni sessanta. Dopo le ricerche iniziali segnate da forte sperimentazione e da un interesse di tipo antropologico e sociale, dagli anni ottanta rivolge il suo lavoro all'osservazione del paesaggio contemporaneo, avviando una lunga indagine - tuttora in corso - sul Mediterraneo, luogo immaginifico e culla di culture millenarie. In un'intensa coniugazione di realismo e visionarietà, le sue fotografie indagano la persistenza del mito, restituendo frammenti carichi di memoria che si perdono lungo le linee del tempo.
Tra le recenti personali, ricordiamo le mostre organizzate presso la Maison europenne de la photographie di Parigi (1999), la Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino (2000), il Wakayama Museum of Modern Art in Giappone, la Moscow House of Photography, il Museo de Arte de Sao Paulo (2004), lo spazio Forma - Centro Internazionale di Fotografia di Milano (2007), il Museo Capodimonte di Napoli (2008), il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Certosa di Capri (2010).

Walter Niedermayr (Bolzano 1952) si dedica alla fotografia dagli inizi degli anni ottanta. I suoi lavori, di carattere seriale, registrano il movimento degli
uomini negli spazi adibiti all'organizzazione della quotidianità. Paesaggi alpini di alta quota, infrastrutture del traffico, cantieri, strutture cosiddette "totali"
come ospedali e prigioni, sono l'oggetto delle sue ricerche, alle quali da oltre un decennio affianca Bildraum/space image, un complesso progetto nel quale l'autore, spingendosi oltre la pura logica documentaria, indaga i meccanismi e i limiti della percezione.
Tra le numerose mostre a cui ha partecipato, ricordiamo le personali organizzate presso il Museum fr moderne und zeitgenssische Kunst di Salisburgo, il Centre pour l'Image Contemporaine di Ginevra (2000), la Kunsthalle di Vienna, il Museum der Bildenden Knste di Lipsia, il Kunstverein di Hannover, il Wrttembergischer Kunstverein di Stoccarda (2003), il MUSEION di Bolzano (2004), il Museo Mercedes Benz di Stoccarda (2006), l'Expo Pavillion Austria di Saragozza (2008).

Francesco Radino (Bagno a Ripoli 1947) attivo nella fotografia fin dagli anni settanta. Muovendo da una ricerca sul paesaggio urbano, elabora negli anni una propria poetica, ricca di suggestioni immaginifiche ed emozionali. I suoi lavori appaiono come un fluire di molteplici narrazioni, individuali e collettive al contempo.
Sovrapposte, si accumulano figure umane, elementi naturali, territori urbanizzati, animali ed oggetti, che perdono l'originaria consistenza fisica assumendo la stessa dimensione atemporale della memoria.
Tra le personali a cui ha partecipato, ricordiamo le mostre organizzate presso la Galerie Fotografie Eichinger di Berlino, il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Varese (1999), FNAC Italie 2 di Parigi (2002), la Galleria del Gottardo di Lugano (2003), il Castello Ducale di Corigliano Calabro (2004),Fotografia Italiana Contemporanea a Milano (2007), il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (2008).

domenica 19 settembre 2010

Scultura lignea della Madonna dei Poveri di Seminara.(RC)



La tradizione ricorda il rinvenimento del simulacro, nei dintorni del piccolo centro calabrese, alla metà del IX sec.
La statua della cosiddetta Vergine «bruna» era anticamente posizionata all’interno di una nicchia, come testimonia il chiodo posto sul retro (foto sopra in piccolo).
È stato effettuato il restauro della statua in legno raffigurante la Madonna dei Poveri, che, tra le numerose effigi della Vergine «bruna» che si venerano in Italia, è tra le più belle e imponenti, e forse anche la più misteriosa.
Alta 92 cm e poggiata su un trono in oro e argento laminato, la statua lignea tiene in braccio il Bambino, che indossa il saio legato da un cingolo e reca in una mano un globo sormontato da una piccola croce e nell’altra un rametto.
Le notizie sull’origine e la provenienza dell’antica immagine sono tramandate da una leggenda, secondo la quale il simulacro ligneo, appartenuto al vescovo Basilio di Cesarea ( Cappadocia ), fu portato in Occidente dai monaci bizantini in fuga dalle Persecuzioni iconoclaste scatenate da1l’imperatore Leone III Isaurico (VIII secolo) e destinato alla città di Taureana.

Nel 951 , quando la città fu distrutta dalle incursioni saracene, si cercò di trasportarlo a Seminara, ma, durante la fuga dai pirati, venne abbandonato per strada.

L’immagine fu quindi rinvenuta nella campagna circostante sotto un mucchio di pietre , un Martedì o Mercoledì Santo,da alcuni cittadini di Seminara. I nobili del luogo tentarono di trasportarla, ma ogni sforzo risultò vano per la sua pesantezza.
Troppo pesante per i nobili, sollevata, allora, dalle classi più umili si rivelò leggera, per cui fu definita la Madonna dei Poveri e divenne la protettrice della città.
Venerata da re e imperatori (Ruggero lI il normanno,Ferdinando Il di Spagna, Carlo V), la statua fu anticamente posta a mo’ di icona in una nicchia. L’attuale trono in argento laminato, dono di una ricchissima famiglia di origine spagnola, risale a metà Settecento.
La Madonna, che per due volte si salvò dalla distruzione totale della città di Seminara nel 1783 e nel 1908, a causa del terremoto, oggi è conservata ne1l’omonimo santuario eretto nel 1975. La sua solenne festività viene celebrata, annualmente, dal 10 al 15 del mese di agosto.
Arte e tradizioni popolari
Nell’iconografia mariana sono numerose le Madonne Nere oggi esistenti. Dal punto di vista religioso queste scure immagini femminili rappresentazioni cristiane della maternità sacra, hanno un valore impegnativo per la devozione che hanno sollecitato nel corso dei secoli nei santuari in cui sono venerate.
Hanno un valore folcloristico, in considerazione del grandissimo numero di credenze popolari che intorno alle loro figure si sono sviluppate.
Assumono anche un indubbio valore letterario per il numero considerevole di racconti e leggende riportati generalmente in testi scritti, narrazioni che sono sorte intorno a loro e che sorgono ancora. La Sacra Immagine della Madonna dei Poveri di Seminara concentra in sé tutti questi valori oltre a possedere un altissimo valore storico-artistico, che è stato valorizzato attraverso il restauro e le indagini scientifiche, e che hanno fornito le notizie necessarie alla comprensione di un’opera così preziosa si nel suo aspetto materiale ma soprattutto nel cuore dei fedeli.
La statua di Seminara è scolpita almeno nella sua struttura principale, in un unico blocco ligneo. L’uso di ricavare il corpo della struttura da un unico pezzo di legno è ben attestata nel periodo medievale, così come prevedevano le norme della Corporazione degli intagliatori. Generalmente si usavano tronchi non stagionati che venivano immediatamente svuotati all’interno, dal retro, per evitare le spaccature che si verificano in fase di stagionatura sui tronchi interi.
A questa pratica molto probabilmente è riconducibile la presenza della grossa cavità sul retro della statua.
In genere, nella produzione statuaria in legno venivano predilette le essenze a struttura compatta, venatura regolare e media durezza, ma in realtà vennero usati quasi tutti i tipi di legno messi a disposizione dalla flora locale.
Le tracce di un incendio?
Il tipico colorito bruno degli incarnati che ha dato il none di «Madonna nera di Seminara» alla statua, è stato oggetto di numerose discussioni in merito. Prestando fede alla già ricordata leggenda che la vuole trasportata a Seminara dopo la distruzione della città di Taureana nel 951, molti studiosi hanno attribuito il colore scuro della pelle a un’alterazione dei pigmenti a base di ossidi di ferro a seguito della loro esposizione al fuoco di un incendio che li ha resi scuri per viraggio.
Così l ’immagine di una Madonna nigra non sarebbe originaria ma frutto
di una modificazione per cause esterne del colore chiaro primitivo. Per quanto riguarda invece le vesti, queste sono state dorate mediante applicazione di foglia d’oro su bolo rosso. Questa tecnica, che ha una lunghissima tradizione sin dall’antichità, prevede l’incollaggio della foglia aurea con un apposito «guazzo» composto da acqua e colla animale o con chiara d’uovo su uno strato di argilla ricca di alluminio di colore rosso, detta bolo. Spesso la foglia d’oro veniva brunita, ossia lucidata, con pietra d’agata laddove la superficie si presentasse liscia e non lavorata.
L'articolo sopra esposto è stato tratto dalla rivista MEDIOEVO e rielaborato

sabato 4 settembre 2010

ANTONELLO GAGINI Scultore



San. Giorgio uccide il Drago di Antonello Gagini Palermo

Sull'onda della diffusione dell'arte rinascimentale nel Meridione d’Italia Domenico Gagini arriva da Napoli a Palermo nel 1459 dove apre una bottega che alla sua morte sarà ripresa da figlio Antonello scultore e architetto che operò soprattutto in Sicilia e Calabria. ANTONELLO ( Palermo, 1478 – Palermo, 1536 ) non solo studia architettura col padre, ma ci risulta anche un suo soggiorno a Roma presso Michelangelo dal 1504 al 1506, dove collabora alla tomba di Giulio II, poi il ritorno a in Sicilia.
La Tribuna marmorea della Cattedrale di Palermo fu la più importante e imponente opera di scultura realizzata. Ad essa lo scultore lavorò dal 1509 al 1536, anno della sua morte. L’opera poi fu portata a termine dai figli Antonino, Giacomo e Vincenzo.
La tribuna, alta 25 metri circa, ricopriva l’intera abside della navata centrale della Cattedrale ed era strutturata in tre ordini di nicchie sovrapposti. Le nicchie del primo ordine ospitavano 14 statue di santi, al di sotto e al di sopra dei quali vi erano le formelle in altorilievo con le storie dei rispettivi santi, e i tondi in altorilievo degli angeli porta corona.
Anche il secondo ordine era composto da 14 nicchie con rispettivi santi; mentre il terzo ordine ne conteneva 12.
Sull’asse mediano dell’abside vi erano due nicchie più grandi: in basso, nel primo ordine, quella contenente la statua di “Maria assunta in cielo tra gli angeli”; in alto, compresa da secondo e terzo ordine, quella con le statue del "Cristo risorto" e i tre soldati. L’intero apparato culminava in alto con un catino absidale in cui era raffigurato il "Padreterno" in stucco, opera realizzata da Vincenzo Gagini.

E' nel 1507 che il Gagini A. da inizio ad una fittissima attività per le chiese di Palermo, della Sicilia e della Calabria.
Troviamo le sue inconfondibili opere marmoree di Madonne sparse per grossi e piccoli centri da Palermo ad Erice,da Noto a Seminara in Calabria.

Nel 1797 , in occasione della ristrutturazione della Cattedrale, iniziata nel 1780 , la Tribuna fu letteralmente demolita: le 45 statue, i 14 angeli e le 14 formelle furono dislocate all’interno della Cattedrale stessa; anche 14 paraste , che rappresentavano una parte strutturale della Tribuna, furono riadattate nella Cappella di Santa Rosalia, sempre all’interno della Cattedrale; il "Padreterno" in stucco , invece, venne totalmente distrutto.

Vi presentiamo alcune opere marmoree delle Madonne sopra menzionate:


Madonna degli Angeli Noto Sicilia




Madonna con Bambino Cattedrale Palermo



Erice Sicilia Madonna



Modonna del Gagini a Seminara R.C.
Al 1508 risalgono, infatti, due lavori la Madonna degli Angeli della chiesa di S. Marco a Seminara (RC): e la Madonna del Pilerio della chiesa di S. Maria della Grazie di Sinopoli Superiore (RC). La Madonna di Seminara è nel solco delle opere migliori d’Antonello; quella di Sinopoli, viceversa, se ne differenzia per formato e impostazione; tanto da far pensare ad un lavoro di bottega



Taormina Messina Duomo Madonna col Bambino A. Gagini
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