uigi Arrigoni ( Piacenza, 1896 - 1964 ).
Si dedica alla pittura e alla musica, espone in diverse città italiane in personali e collettive. Gli esordi sono caratterizzati da una pittura cupa, stesa con larghe campiture di colore, ma dagli anni Venti i colori si schiariscono e vengono stesi con spatole che creano soluzioni materiche e corpose. Dipinge sogni e visioni intrise di problemi esistenziali e preoccupazioni tipiche della generazione del dopoguerra.
(1896-1964). Con Luigi Arrigoni si inaugura la terza mostra incentrata sugli artisti attivi negli anni tra le due guerre. Come si è già visto per Aldo Carpi e Donato Frisa, anche in questo caso si è di fronte ad un pittore che rifiuta di schierarsi al fianco dei movimenti. Quando è ancora impegnato in campo musicale declina l’invito rivoltogli da Marietti di entrare a far parte del gruppo futurista, mentre negli anni Trenta non aderisce al Chiarismo, sebbene vi sono diversi punti in comune e sussista un legame di amicizia e stima con Angelo del Bon, il principale esponente di questo Movimento pittorico. Arrigoni è interessato a conoscere le manifestazioni artistiche del suo tempo ed è disposto ad assimilare i valori estetici solo se affettivamente necessari alle sue esigenze linguistiche. L’artista preferisce condurre la ricerca pittorica in libertà ed autonoma, nel pieno rispetto della propria sensibilità artistica, anche a costo di trascurare ogni rapporto col mercato. Ne deriva un percorso creativo autentico ma di visibilità ridotta poiché il rifiuto di ogni presupposto economico lo esclude dalle iniziative promesse dalle Gallerie private e riduce l’attenzione da parte della critica. Tutt’oggi Luigi Arrigoni resta un artista non sufficientemente studiato e poco conosciuto, dal grande pubblico. La sua immagine è ancora associata ad una realtà provinciale, forse per il forte legame con la città di Monza e la circostante Brianza. A questo errore Filippo Abbiati dedica uno scritto intitolato “Maestro di provincia per nulla provinciale”, dove mette a fuoco uno spessore culturale che rafforza l’indirizzo pittorico scelto e smentisce i giudizi negativi. Le opere selezionate abbracciano un arco di otto anni, dal 1932 (Nevicata al Coenobium) al 1939 (Sole d’inverno), e interessano il genere del ritratto e del paesaggio. A quest’ultimo si è voluto dare maggiore risalto perché domina gran parte della sua attività pittorica. Essa si svolge en plein air, a diretto contatto con la natura, senza per questo toccare i rigori del realismo. Nei suoi quadri emerge spesso un alone di poesia che sospende ed interroga come in Il tandem (1939). E il quadro che chiude la mostra non solo per ragioni cronologiche ma anche perché rappresenta l’incontro ideale tra il paesaggio e il ritratto.
ritratto di Lluigi Arrigoni dipinto del pittore Gaetano Previati
Biografiadi Previati Gaetano Previati (Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, 21 giugno 1920) è stato un pittore italiano che, dopo una giovanile esperienza nella Scapigliatura
Nel 1876 si trasferisce da Ferrara a Milano dove frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera, vincendo nel 1879 il concorso Canonica con il quadro Gli ostaggi di Crema.
Nel 1881 si stabilisce definitivamente a Milano dove entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Partecipa alla I Triennale di Brera del 1891 con l'opera Maternità in cui rende esplicita la sua adesione al divisionismo, di cui sarà anche teorico, e ai temi simbolisti[1].
A partire dal 1895 e fino al 1914 è invitato alle esposizioni internazionali d'arte di Venezia, dove nel 1901 e nel 1912 è presente con due mostre personali.
Nel 1907 partecipa all'allestimento della "Sala del sogno" della VII Biennale di Venezia ed espone al Salon des peintres divisionnistes italiens organizzato a Parigi dal mercante Alberto Grubicy. Questi, con il fratello Vittore, fonda nel 1911 la Società per l'Arte di Gaetano Previati, acquistando un nucleo consistente di suoi dipinti che verranno esposti nelle mostre organizzate a Genova (1915) e a Milano (1916 e 1919).
Fra le sue opere più importanti, La Maternità, dipinta nel 1890 e presentata nella Triennale di Brera dove riscontrò discussioni vivacissime per la tecnica esecutiva: una donna, seduta sotto un albero, si china teneramente sul bimbo a cui offre il seno mentre intorno la circondano figure evanescenti di angeli.
Colpito da dolorosi lutti famigliari, muore nel 1920 all'età di 67 anni a Lavagna, cittadina ligure dove già da tempo soleva trascorrere lunghi soggiorni.
Viene sepolto nel cimitero monumentale della Certosa di Ferrara.
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