blog di quadri e opere d'arte in genere,e destinato ad ospitare articoli e presentazione di quadri. Tutte le foto,ed i filmati presenti nel blog sono tutelati da DIRITTI D'AUTORE ©
martedì 15 gennaio 2019
fiscella di frutta di A.Buggè
sabato 12 gennaio 2019
VIGEVANO La Torre del Bramante
Rappresenta il simbolo di Vigevano in quanto sorge nel punto più alto della città.
Venne edificata a più riprese, a partire dal 1198 sino alla fine del Quattrocento, allorchè venne ultimata dal Bramante. Con la sua caratteristica sagoma "filaretiana", a corpi scalari, offre dalle sue merlature una panoramica completa sulla piazza, sul castello e sull'intera città.
La piazza Ducale di Vigevano
La Piazza nacque per dare lustro alla città in quanto sede privilegiata del Ducato. Anticamera di ingresso all’imponente Castello visconteo-sforzesco, in origine presentava una rampa in pietra che permetteva ai Duchi l’ingresso trionfale alla residenza castellana.
Cuore pulsante della città, è circondata da portici e arcate sorretti da 84 colonne con capitelli che presentano fogge differenti tra loro: deve l’attuale forma architettonica al Vescovo Architetto Juan Caramuel y Lobkowitz che nel 1680 edificò la facciata barocca del Duomo.
Se vi state chiedendo cosa vedere a Vigevano,, vi proponiamo di visitare la Strada Coperta che si trova nei pressi del Castello Sforzesco.
Richiesta da Luchino Visconti nel 1347, la Strada Coperta è un’opera unica in tutta l’architettura castellana europea, nata come ponte fortificato per proteggere il passaggio dei Signori di Milano verso il Castello.
Sulla strada coperta sono stati ricavati dei percorsi sotterranei dai quali è possibile vedere alcune lavorazioni originarie del Castello Sforzesco.
La strada coperta si trova dalle parti del Castello Sforzesco, in pieno centro della cittadina
Costruito a partire dalla metà del ‘300 da Luchino Visconti al posto del “castrum” altomedievale che serviva da difesa per gli abitanti del posto. Il castello fin dall’inizio svolse funzioni di sede di corte.
A partire dal 1345 inizia la sua trasformazione in Palazzo Ducale: fu soprattutto Ludovico il Moro con il contributo di Donato Bramante a conferirgli l’aspetto di un palazzo rinascimentale.
Grazie all’opera di artisti e artigiani lombardi gli ampi saloni si presentavano affrescati e magnificamente arredati per accogliere la corte ducale, personaggi illustri e sovrani. Sono ancora visibili alcuni affreschi della seconda metà del XV secolo: di particolare valore quello presente nella Sala dell’Affresco che raffigura una scena di caccia, passatempo preferito dai Duchi di Milano.
martedì 8 gennaio 2019
La pinacoteca ambrosiana Caravaggio
cesta di frutta del Caravaggio oera presso la Pinacoteca ambrosiana Milano
La canestra di frutta (nota anche con il nome antico di Fiscella) è un dipinto a olio su tela di 47 cm di altezza e 62 di lunghezza realizzato tra il 1594 e il 1598 (gli storici dell'arte non sono concordi riguardo alla data precisa) dal pittore italiano Caravaggio (1571-1610).
“Nec abest gloria proximae huic fiscellae, et qua flores micant. Fecit eam Michael Angelus Caravagensis Romae nactus auctoritatem, volueramque ego fiscellam huic aliam habere similem, sed cum huis pulchriyudinem, incomparabilemque excellentiam assequeretur nemo, solitaria relicta est”. (Non è privo di pregi un canestro dal quale ammiccavano fiori variegati. Lo dipinse Michelangelo da Caravaggio, che si conquistò a Roma un notevole credito. Personalmente avrei voluto avere un altro canestro simile a questo ma, poiché nessuno raggiungeva la bellezza di questo e la sua incomparabile eccellenza, è rimasto solitario).
Sulla cesta
di frutta. Molti degli studiosi di Caravaggio hanno considerato la Canestra
come la prima natura morta italiana autonoma, malgrado già Roberto Longhi
avesse fatto riferimento a possibili antecedenti lombardi, soprattutto a nature
morte all’interno di composizioni con figure
La canestra di frutta (nota anche con il nome antico di Fiscella) è un dipinto a olio su tela di 47 cm di altezza e 62 di lunghezza realizzato tra il 1594 e il 1598 (gli storici dell'arte non sono concordi riguardo alla data precisa) dal pittore italiano Caravaggio (1571-1610).
“Nec abest gloria proximae huic fiscellae, et qua flores micant. Fecit eam Michael Angelus Caravagensis Romae nactus auctoritatem, volueramque ego fiscellam huic aliam habere similem, sed cum huis pulchriyudinem, incomparabilemque excellentiam assequeretur nemo, solitaria relicta est”. (Non è privo di pregi un canestro dal quale ammiccavano fiori variegati. Lo dipinse Michelangelo da Caravaggio, che si conquistò a Roma un notevole credito. Personalmente avrei voluto avere un altro canestro simile a questo ma, poiché nessuno raggiungeva la bellezza di questo e la sua incomparabile eccellenza, è rimasto solitario).
domenica 6 gennaio 2019
I VASi DI FIORI CON GROTTESCHE
IL VASo DI FIORI CON GROTTESCHE Giovanni da Udine 1487-1564
Giovanni Nani (Nanni), o Giovanni de' Ricamatori, meglio conosciuto come Giovanni da Udine (Udine, 27 ottobre 1487 – Roma, 1561), è stato un pittore, decoratoree architetto italiano
Giovanni Nani (Nanni), o Giovanni de' Ricamatori, meglio conosciuto come Giovanni da Udine (Udine, 27 ottobre 1487 – Roma, 1561), è stato un pittore, decoratoree architetto italiano
Tommaso Salini
Maestro del vaso a grottesche (attivo a Roma nel primo quarto del XVII secolo)
coppia di dipinti a olio su tela, cm 76x62
Expertise di Alberto Cottino, giugno 2016. Si tratta di due notevolissime tele finora inedite, di grande livello qualitativo. Raffigurano due vasi metallici, uno dorato l’altro argentato, istoriati con scene classicheggianti poste al centro in un medaglione, nel primo quella che sembra una Leda col cigno, nel secondo un putto alato. Le forme dei vasi sono capricciose e bizzarre, probabilmente eredi di un gusto ancora tardomanierista che sembra ispirarsi a quello ben noto tra Cinquecento e Seicento espresso ad esempio nelle incisioni dei Vasi polidoreschi. Lo stile si riallaccia ad evidentiam alla composita galassia dei cosiddetti ‘Maestri del vaso a grottesche’, che tuttora rappresenta per lo storico dell’arte un problema di complessa soluzione. Questo soprattutto perché, come scrive Alberto Veca,“a fronte della raccolta d’archivio di una serie di dipinti di composizioni di fiori dal carattere squisitamente arcaico (...) si contrappone un’assenza di nomi, di tracce inventariali, almeno per quelli, pochi, esplorati, quasi che non fosse esistita nella fase iniziale del Seicento una ‘natura morta di fiori’ nei centri di produzione italiana”. Le tele qui studiate s’inseriscono proprio nel novero di questi dipinti arcaici ancora privi di nomi sicuri (anche se questo tipo di opere è stato ascritto recentemente a Tommaso Salini, su basi induttive e con criteri troppo estensivi), ad un livello tuttavia molto alto, cioè tra i migliori esemplari di questo tipo di produzione, il che fa supporre la mano di un pittore di prim’ordine.
coppia di dipinti a olio su tela, cm 76x62
Expertise di Alberto Cottino, giugno 2016. Si tratta di due notevolissime tele finora inedite, di grande livello qualitativo. Raffigurano due vasi metallici, uno dorato l’altro argentato, istoriati con scene classicheggianti poste al centro in un medaglione, nel primo quella che sembra una Leda col cigno, nel secondo un putto alato. Le forme dei vasi sono capricciose e bizzarre, probabilmente eredi di un gusto ancora tardomanierista che sembra ispirarsi a quello ben noto tra Cinquecento e Seicento espresso ad esempio nelle incisioni dei Vasi polidoreschi. Lo stile si riallaccia ad evidentiam alla composita galassia dei cosiddetti ‘Maestri del vaso a grottesche’, che tuttora rappresenta per lo storico dell’arte un problema di complessa soluzione. Questo soprattutto perché, come scrive Alberto Veca,“a fronte della raccolta d’archivio di una serie di dipinti di composizioni di fiori dal carattere squisitamente arcaico (...) si contrappone un’assenza di nomi, di tracce inventariali, almeno per quelli, pochi, esplorati, quasi che non fosse esistita nella fase iniziale del Seicento una ‘natura morta di fiori’ nei centri di produzione italiana”. Le tele qui studiate s’inseriscono proprio nel novero di questi dipinti arcaici ancora privi di nomi sicuri (anche se questo tipo di opere è stato ascritto recentemente a Tommaso Salini, su basi induttive e con criteri troppo estensivi), ad un livello tuttavia molto alto, cioè tra i migliori esemplari di questo tipo di produzione, il che fa supporre la mano di un pittore di prim’ordine.
giovedì 3 gennaio 2019
tappeto qum
tappeti denominati QUM
Questi tappeti sono annodati nella città santa di Qum nel centro della Persia. Il materiale usato per la loro realizzazione è la seta, che li rende leggeri e permette una buona densità. Sono tappeti che presentano una manifattura perfetta, con grande ricchezza di dettagli. Sono tappeti che dimostrano la maestria raggiunta nella tradizione di annodatura della seta e sono tra i migliori tappeti di nuova fabbricazione.
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