Quando visitiamo un museo, una mostra o una fiera di arte contemporanea ci sentiamo talvolta come degli esploratori senza mappa: abbiamo di fronte a noi una realtà in gran parte ignota e ci troviamo a disagio, perché non abbiamo gli strumenti adatti per capire e interpretare correttamente quello che vediamo. In questi ultimi quarant’anni gli artisti hanno radicalmente trasformato la forma e i contenuti delle loro opere a tal punto che chi è stato educato ai tradizionali canoni estetici su cui si è basata la pittura antica, da Giotto a Tiepolo, si sente letteralmente escluso e del tutto impreparato. In effetti è sufficiente sfogliare le pagine di una rivista specializzata per notare immediatamente la quantità e la varietà di proposte provenienti da ogni parte del pianeta. Nel passato i centri artistici erano pochi e la carriera di un pittore era disciplinata da regole ferree. Il giovane che intraprendeva la professione artistica doveva sottostare ad anni di studio nella bottega del maestro, a preparargli i colori e pulirgli i pennelli, pensa di poterli prendere in mano. Oppure trascorreva gli anni della giovinezza nelle aule delle Accademie o nelle sale dei musei a disegnare dal vero o a copiare dai modelli antichi, fin quasi ad annullare la propria originale personalità in nome dell’adesione alle sacre regole immutate per secoli. Solo così poteva sperare di superare il filtro di giurie severe e inflessibili, che potevano ammetterlo ad esporre nelle rassegne annuali delle Accademie e avere così accesso alle committenze Questa struttura rigidamente gerarchica è stata messa in discussione alla fine del XIX secolo dagli impressionisti, poi dalle correnti postimpressioniste cd è stata definitivamente rifiutata dalle avanguardie della prima metà del Novecento.Molti sono stati gli avvenimenti storici che hanno cambiato non solo l’arte ma la cultura e la stessa società dal 1960 ad oggi: dalla guerra del Vietnam a quelle in Afghanistan e in Iraq, dalla contestazione giovanile del 1968 ai movimenti no-global, dalla costruzione del muro di Berlino nel 1961 alla sua caduta del 1989, dagli anni di piombo agli attentati alle Twin Towers e poi l’introduzione dell’Euro, l’allargamento dell’Unione Europea, i movimenti migratori, la trasformazione del ‘pianeta’ Cina e tanti altri ancora, piccoli o grandi.
I progressi della tecnica e della medicina hanno migliorato la qualità della vita, mentre la scolarizzazione di massa e la diffusione dei mass-media hanno aumentato il livello culturale medio. Proprio i mass-media hanno posto le basi per quella che viene definita globalizzazione: i giovani in tutto il mondo vestono allo stesso modo, mangiano e bevono i medesimi prodotti, si appassionano agli stessi avvenimenti sportivi, film e concerti, che li plasmano fino a farli pensare un po’ tutti allo stesso modo.
Anche l’arte ha perso le sue prerogative regionali e parla con un unico linguaggio mondiale, irradiato da un centro motore. Se all’inizio del secolo Parigi era la capitale culturale, che dettava le mode e a cui affluivano artisti da tutto il mondo,oggi il primato spetta a New York, vero e proprio ‘ombelico del mondo, punto di aggregazione e di traino di questa nuova società multietnica.
La parola d’ordine che sembra caratterizzare l’arte di questi ultimi quarant’anni è il rifiuto di ogni regola imposta dalla tradizione e la completa libertà dell’artista, a partire dalla tecnica: per secoli la scelta è stata limitata all’affresco o al dipinto da cavalletto, ad olio su tela o al massimo su tavola, vetro o metallo.
In pochi decenni questo tabù è stato infranto cd ora non esiste materiale, naturale o artificiale, umile o nobile, che non sia stato utilizzato. Non solo, ma sono state abbattute le divisioni tradizionali tra le discipline artistiche e abbondano gli esempi (lì installazioni multimediali, in cui convivono pittura, scultura, grafica, musica, fotografia, video, scenografia, teatro e danza.
Lo stesso vale per la definitiva emancipazione della pittura nei confronti della realtà. Anche in questo caso gli artisti si sono ribellati all’obbligo di imitare la natura e hanno rivendicato la possibilità di usare le linee, i colori e i materiali più diversi per esprimere senza alcun limite le proprie emozioni e sensazioni. Questo atteggiamento ha dato vita a un duplice superamento del realismo pittorico: da una parte l’astrattismo, nelle sue due principali suddivisioni, geometrico e informale; dall’altra l’adesione solo apparente alla realtà, operata, ad esempio dagli esponenti della pop-art. Questa totale libertà non è piaciuta a tutti; in particolare ha disorientato chi vedeva nei quadro una ripetizione della natura, abbellita e arricchita di poesia
Ancora oggi c’è chi dichiara categoricamente di non capire e di non gradire affatto la pittura contemporanea. In tutti i secoli gli artisti sono stati talvolta criticati e incompresi; alcune loro opere hanno suscitato scandalo o derisione, sono state censurate e perfino distrutte, ma mai come in questi ultimi decenni si è avvertita una tale distanza tra gli artisti in generale e il comune sentire della gente, che non riesce più a identificarsi nelle loro creazioni, non condivide lo spirito con cui sono state eseguite e si domanda perfino se possa ancora essere chiamata arte. Va infine rilevato che nel corso (li questi decenni i fattori economici hanno avuto un rilievo crescente e hanno condizionato sempre più sia la gestione degli Stati, sia la vita dei singoli individui, Il mercato dell’arte sta avendo il sopravvento sulla critica d’arte: non è più il riconoscimento degli storici e degli studiosi a determinare il successo di un artista, quanto piuttosto un’accorta politica commerciale, gestita dai galleristi, dai collezionisti e dagli operatori del mercato, grazie a un uso massiccio dei mass media, l’opera d’arte diventa un prodotto da vendere; l’artista deve distinguersi dalla massa anonima dei suoi colleghi e apparire superiore agli occhi del grande pubblico, così che chi colleziona le sue opere diventa proprietario di un bene esclusivo, ambito e invidiato da chi non può permetterselo. L’acquisto di un’opera d’arte diventa così un investimento, a volte molto redditizio, tanto da aver attirato, da decenni, l’attenzione degli economisti e del mondo della finanza.